Cari amici stasera recensisco l'album di una delle band che hanno dato vita a quel genere che è classificato con il nome di Death-Metal.

I Bolt Thrower, mitica band, ed il concept in questione prende il nome di War master.

La band si formò nel lontano 1987, producendo il loro primo album nell'anno successivo; il  titolo è  "In Battle There Is No Law".

Questo di cui parlo stasera è datato 1991 ed è, secondo il mio parere, il capolavoro della loro discografia. Ma non per questo non hanno composto altri album stupendi quali Mercenary o The Vth crusade.

In quell'anno il death metal era molto in voga e si stava avviando verso le sonorità che poi hanno dato vita al brutal death. Sin dall'inizio quest'album ti fa percepire il segnale di quel death diretto con influenze thrash che ritroviamo soprattutto nei riff e negli assoli.

Si alterna tra ritmiche lente a sfuriate primordiali tant'è che il basso in questo concept non trova uno spazio proprio e funge solo da accompagnamento.

Il growl del cantante è davvero oscuro e maligno, e forse a quei tempi era il migliore. C'è comunque da dire che a quei tempi la band era sottovalutata e ritenuta pacchiana e fanatica soprattutto per il tema della guerra che, oltre che nei testi, anche nelle copertine era abbastanza incisiva, infatti erano realizzate dalla Games Workshop.

In ogni caso questo album è la prova della loro eccellenza come band.

Anche se è un concept molto grezzo, resta un sound invariato perchè si passa da momenti veloci ad altri più lenti che, anche se non sono proprio il massimo della tecnica, si intonano perfettamente con quello che è lo stile dell'album. Consiglio questo album a tutti gli amanti del death metal perchè di questo amato genere è uno dei tanti capolavori esistenti.

Voto 8.5. TWOLFF.

 

 

Commenti: 3 (Discussione conclusa)
  • #1

    rexor (martedì, 13 agosto 2013 11:55)

    carissimo socio,come tu ben sai,abbiamo per fortuna,o per sfortuna gli stessi gusti.tu sai che io stimo molto questo album, quindi cosa dire,se la classe non e' acqua,ci troviamo di fronte a uno dei padri del death metal,grande lavoro sotto ogni punto di vista,e poi loro, i bolt thrower grandi maestri.voto 8 by Rexor

  • #2

    dani75 (mercoledì, 14 agosto 2013 23:17)

    bel lavoro apprezzo tutti i loro lavori conocordo con il socio rexor ''grandi maestri''

  • #3

    fonix (giovedì, 15 agosto 2013 23:58)

    massiccio e grezzo bello uno dei miei preferiti

Stile mortuario tipico degli Obituary. Dopo il capolavoro "Cause of death" ecco arrivare un'altra opera importante e decisiva di questa death-band. Album compatto e soffocante molto piacevole nell'ascoltarlo.

Gia' il predecessore aveva una pienezza armonicamente impeccabile, ma con questo studio album raggiungono ancor più maturità stilistica e professionale. Stiamo parlando di un lavoro sfornato più di venti anni or sono, nei meandri degli anni '90 dove il death metal era ancora in continua evoluzione ma già affermatosi come uno dei generi metal più amati e discussi. In questo album riescono a tenere equilibrata la loro aggressività e a bilanciare bene ferocia e morbosità. Non per niente all'epoca ha venduto oltre 100.000 copie. Ad ogni modo un album da non far mancare nelle proprie collezioni, almeno per gli amanti del genere.

Voto 8,5.

TWolff.

Commenti: 4
  • #4

    sleper (lunedì, 22 luglio 2013 23:29)

    gran bel lavoro apprezzo gli obituary

  • #3

    dani75 (giovedì, 18 luglio 2013 23:07)

    bellissimo discaccio concordo con la rece

  • #2

    rexor (giovedì, 18 luglio 2013 21:20)

    grande album,e grandi obituary.nonostante la sua onorata eta'lo ascolto sempre con piacere,anche io do un bel 8,5,ci sta bene.

  • #1

    Silence world (mercoledì, 17 luglio 2013 23:29)

    Ottimo cd,album che conservo nella mia bacheca e consiglio a tutti quelli che ancora non se l'hanno procurato,nonostante il disco e' uscito da moltissimi anni.Altri pietra miliare del Death Metal...
    Voto 9 a mio parere.

QUELLA UNICITA' CHE TI PRENDE AL PRIMO ASCOLTO. QUELL'INEBRIANTE SUONO DI TASTIERA CHE TI ARRIVA DRITTA AL CUORE, CHITARRE ALL'ALTEZZA DELLA LORO MUSICA. UNA VOCE IMPONENTE, CARICA, IN ALCUNI TRATTI QUASI ESPLOSIVA. AGGRESSIVITA', TENACIA, MA AL TEMPO STESSO MELODIA E DOLCI NOTE DI TASTIERA SPEZZANO QUELLA CARICA LASCIANDOTI SCONVOLGERE LO STATO D'ANIMO. MAI, IN TUTTI QUESTI ANNI, I DT AVEVANO OSATO UNIRE COSI' TANTA UNICITA' IN UN ALBUM NON COSI' LONTANO DAGLI ALTRI.  LO STAMPO MELO-DEATH RESTA COMUNQUE QUELLO DEI CLASSICI DARK TRANQUILLITY MA AL TEMPO STESSO SONO RIUSCITI PERFETTAMENTE A DARE ORIGINALITA' IN UN ALBUM CHE DIRE EMOZIONANTE E' POCO. RARAMENTE MI CAPITA DI ASCOLTARE UN ALBUM DOVE UNA CANZONE SI RIVELA PIU' BELLA DELLA PRECEDENTE E COSI' VIA FINO ALLA FINE. PER QUANTI DI VOI POSSANO ESSERE DEL MIO STESSO PARERE, VOGLIO USARE LA PRESUNZIONE DI SCRIVERE CHE QUESTO, PER ME, E' L'ALBUM DELL'ANNO. ALMENO SINO A NUOVE USCITE CHE DIMOSTRINO IL CONTRARIO. SUBLIME RAFFINATO E DAVVERO BELLISSIMO, COSI' MI VIENE DA DEFINIRE QUESTO COSTRUCT, CON TANTISSIMI AUGURI PER IL FUTURO DELLA BAND CHE ORA HA DAVVERO DIMOSTRATO DI AVERE TUTTE LE CARTE A POSTO PER POTER SFORNARE DELLA BUONA MUSICA.

TWolff. voto 9,5

Commenti: 2
  • #2

    GrezzusMetal75 (venerdì, 07 ottobre 2016 14:50)

    Miglior album in assoluto?Martin(Twolff),ma eri serio quando hai scritto questa recensione?Hahahhahahaha

  • #1

    Martin (sabato, 27 luglio 2013 11:51)

    Migliore album in assoluto dei DT

Come ormai è di usanza, attorno ad ogni disco in uscita degli Iron Maiden si crea un'attesa quasi spasmodica, questo disco non ha fatto la differenza.
In questi anni più che mai questa band è sotto l'occhio vigile ed implacabile di ogni metallaro che ne sonda la qualità delle uscite, spesso con scetticismo... ciò nonostante quello che mi appresto a recensire è un lavoro che, invece di tentar di accontentare tutti, se la va proprio a cercare... sì, perchè i Maiden anche questa volta sembrano voler ribadire il concetto su cui il loro ideale di produzione si basa da anni, ovvero: "noi facciamo quel che ci pare e basta".
"A Matter of Life and Death" si presenta dunque come un prodotto controcorrente, ambizioso, un certo senso anche rischioso, infatti eccetto l'opener l'intero album si basa su brani alquanto lunghi, non vi sono pezzi immediati alla "2 minutes to midnight", "the evil that men do" o "run to the hills", l'intero album si basa sulla formula magica inventanta nel precedente album 'Dance of Death' con il brano "Paschendale", intro lenta, crescendo, assoli, outro lenta ma proposti in salsa creativa di vari stili musicali (blues, folk, metal..), in sostanza con questo disco i Maiden, nonostante la posizione di status simbol inattaccabile, hanno intrapreso un cammino che quasi li dissocia da un passato del quale resta solo una certa sfumatura a livello di sound e di qualche soluzione compositivo-strutturale.
Già l'opener DIFFERENT WORLD, pur essendo la più immediata e corta dell'album, utilizza un tipo di chorus e pre-chorus in stile Thin Lizzy, ovvero qualcosa di completamente inusuale per loro, con un cantato basso, per certi versi difficile da assimilare ma anche azzeccato ed esaltante, in ogni caso questa si rivela un'ottima opener ma ben lontana da ciò che segue.
THESE COLOURS DON'T RUN è il classico brano alla Maiden, forse l'unico nell'album, parte lento ma ritmato, cresce sempre più in velocità e potenza, questo brano parla della figura del soldato, uomo comune che rischia la vita per il proprio lavoro e il ritornello è un'incitazione al coraggio che certamente in molti canteranno a gran voce ai concerti, dopo il secondo antemico chorus, parte la sezione solista di chitarra, la quale ci riporta indietro nel tempo fino agli anni '80, fantasia ed esecuzione magistrale, musica per le orecchie.
BRIGHTER THAN A THOUSAND SUNS... parla della bomba atomica, in effetti una bomba lo è per davvero, pesante, molto pesante, con sezioni di chitarra alla Metallica, cresce in furia... e poi si spegne d'improvviso nel ritornello.. la voce sussurrante di Bruce che sembra perdersi nell'infinito, per poi riprendere in potenza e intensità, d'mprovviso il cambio il tempo, la cavalcata, la voce solenne e altisonante, la confusione, una serie di assoli incrociati, la calma, ancora potenza... di nuovo il ritornello quasi contemplativo, come se volesse esprimere lo stupore di un bambino al crescere di quella terrificante luce in una scena a rallentatore... l'esplosione finale, l'ultima constatazione a voce bassa, quasi morente "holy father we have sinned. . . ", un brano che racchiude la potenza di un calcio nello stomaco e la delicatezza di un fiore di montagna, brillante, più di mille soli.
THE PILGRIM: brano rocker alquanto particolare e interessante, con un ritornello di difficile accesso e assoli dal sapore quasi egizio, riporta indietro nel tempo al periodo powerslave ma in modo completamente diverso, ottimo.
THE LONGEST DAY: di certo uno dei capolavori assoluti dell'album. Un oscuro giro di basso ci trasporta sulle spiagge della Normandia, i soldati si incitano l'un l'atro, è arrivato il momento di sfidare la morte per il bene del mondo, il brano cresce, sempre più deciso, le barche si avvicinano alla spiaggia, i soldati si scagliano in acqua e con essi la canzone esplode in solennità, arriva il ritornello, la voce di Bruce che sembra superare l'infinito, oltre la cortina di proiettili che si riversano contro i fragili corpi, oltre quell' inferno, fino al cielo... parte la sezione strumentale, eccelsa, coinvolgente, brillante, si ritorna al cantato, la canzone non sembra trovare un vera fine, cosa ne rimane di quei soldati, se siano sopravvisuti o se si siano uniti in riposo nelle rosse acque solo Dio può saperlo. Eccellente, diventerà un dei grandi classici dei Maiden.
OUT OF THE SHADOWS: una carezza dopo lo schiaffo morale precedente, è più simile ad un classico brano solista di Bruce che uno dei Maiden... e in effetti in questo brano Bruce da forse il meglio di sè da molti anni a questa parte. È una semi ballata, trascinante, con un ritornello che ricorda forse un pò Tears of the Dragon, veramente interessante e ben congeniata la parte strumentale dal sapore blues, in sostanza un brano più che ottimo.
THE REINCARNATION OF BENJAMIN BREEG: parte in atmosfera, la voce narrante di Bruce, la calma prima della tempesta, improvvisamente l'esplosione, le chitarre ci vanno giù pesante, il ritmo e abbastanza statico e in generale la struttura semplice, ma di grande effetto, un'inno alla sofferenza, buon brano.
FOR THE GREATER GOOD OF GOD: l'altro capolavoro assoluto dell'album. Geniale e di grande impatto l'intro, ciò che credete sia il ritornello in realtà non lo è, ad un certo punto infatti è la voce potente e altisonante di Bruce che lo marchierà a fuoco nella vostra mente, la sezione strumentale è stupenda e originale, anch'essa alquanto convolgente, un brano molto lungo, ma si spererebbe che non finisca mai.... un brano che riflette sull'uomo e sulla guerra, mi permetto di definirla la "Rime of the Ancient Mariner" del nuovo millennio.
LORD OF LIGHT: strano, inusuale. . . ma molto interessante oserei dire, ha delle venature folk e delle brillanti idee compositive, orecchiabile e dal sapore biblico il ritornello, in effetti questo brano parla di Lucifero e Dio, non è un brano di facile accesso, personalmente è quello che ho dovuto ascoltare di più per apprezzarlo ma ne è valsa la pena.
THE LEGACY: un piccolo capolavoro anticonformista nella discografia Maideniana. Ha un'atmosfera medievale, Bruce sembra un cantastorie alla corte del Re, le idee racchiuse in questo brano sono fulminanti, particolare e d'impatto il ritornello e ben congeniata la parte strumentale, si chiude come è iniziata, in un'atmosfera oscura e sinistra. . . grande prova finale, molto interessante e magistralmente riuscita.
IN CONCLUSIONE
TESTI: sotto il profilo dei testi molto facilmente questo è il miglior album nella storia dei Maiden, tutti molto ispirati e d'impatto.MUSICA: A sprazzi fatta di colpi di genio e brillanti uscite, sperimentale, eppur mai pacchiana, da notare la grande e passionale spontaneità che si avverte in molte parti del disco, ricorda Somewhere in time sotto questo punto di vista.PERFORMANCE: eccezzionale, un album dove ogni singolo membro è grande protagonistaSOUND E PRODUZIONE: produzione pìù che ottima, suono pulito, potente, compatto e d'atmosfera, la cosa stupefacente è che quest'album è stato registrato in presa diretta e non ha subito manipolazioni aggiuntive dopo il mixaggio.
CONSIDERAZIONI PERSONALIL'album di per sè è eccelso, pieno di idee tutte ben congeniate ed eseguite, un capolavoro? Non sarò certo io a deciderlo, l'ardua sentenza va ai posteri, sta di fatto che questi sono i nuovi Maiden, non c’è più tempo per il solito headbaging... non c’è più tempo per il concetto di heavy metal. I Maiden hanno smesso di recitare la parte degli Irons canonizzati per essere qualcosa di coerente ma completamente diverso al contempo. I Maiden, oggi più che mai, sottolineano che loro sono gli Iron Maiden e basta – non più etichette plastificate da affibbiargli come in passato, non più semplici definizioni per impacchettarli in un concetto predefinito… Maiden e basta!
Ciò su cui quest'album si basa è la potenza narrativa di sei uomini nel pieno della loro età della ragione, è un disco che ha molte cose da dire e richiede un pubblico che sia disposto a sedersi e saperlo ascoltare con calma e coerenza, è un disco che ha bisogno di molti ascolti, qualcuno al primo impatto può rimanere interdetto, confuso, ma non per questo deve saltare a conclusioni affrettate... date tempo al tempo e lasciate che la musica cresca lentamente in voi, è un album molto introspettivo, scritto col cuore, da chi ha ancora qualcosa da raccontare a tutti noi... da chi ha ancora voglia di farci sognare. In sostanza lo ritengo il miglior album uscito dopo gli anni '80, credo un gradino superiore pure a 'Brave New World', che è un altro grande lavoro... comunque già so che ci sarà chi lamenterà questo nuovo prodotto, ma una cosa è certa; i Maiden hanno finito di far felici i metallari da una quindicina d'anni... ma per fortuna continuano per la loro strada senza dare troppo ascolto alla gente.
Perchè la verità è una sola; il suo pubblico non sa minimamente nè cosa vorrebbe davvero sentire nè cosa li renderebbe davvero soddisfatti. Allora io dico; per i nostalgici, i vecchi albums li avete. Ficcateveli nello stereo e vai con il rimpianto. A quelli che invece non seguono clichè, questo è l'ennesimo spettacolo di disco. voto 10

Dani75

da 

debaser.

Commenti: 5
  • #5

    GrezzusMetal75 (venerdì, 07 ottobre 2016 14:52)

    Twolff la recensione e' un copia incolla cosi cm il voto.Dany75 nn ha dato nessun voto a parte copiare e incollare la rece.e cmq nn vale 10 diamoci na calmata cn questi voti....dai su!!!

  • #4

    Alex (domenica, 04 agosto 2013 14:22)

    Merita si un 10 questo è un signore album, altro che 8 ponix.

  • #3

    ponix (mercoledì, 10 luglio 2013 22:51)

    up the iron! raga'

  • #2

    neonblack (martedì, 02 luglio 2013 21:56)

    bellissimo concordo con la rece

  • #1

    TWolff (martedì, 02 luglio 2013 17:30)

    Gran bel lavoro dei Maiden, uno dei loro album migliori e degno del voto che ha dato il socio Dani75

Rinnegati, venerati o del tutto ignorati. Non esistono vie di mezzo. È il prezzo da pagare per chi, come gli Aborym, ha sempre cercato di spingere il black metal verso mete d’avanguardia. 
Dirty, sesto full-lenght pubblicato dalla band, porta oggi questa ricerca ad un livello estremo. E ciò che in Psychogrotesque era una sorta di esplorazione, un approccio che brillava di luce riflessa, diviene oggi, in Dirty, pura essenza. L’elettronica non è più solamente un abito di cui si veste l’album, ma si fa sostanza (tossica) che scorre nelle vene, materia sospinta da un cuore che martella pulsazioni frenetiche.
Tastiere, campionature e sequencer reggono tutte le architetture portanti dei brani. Solo in rari casi la chitarra si erge come protagonista. Ma, generalmente, la sua funzione resta relegata a rinforzo delle strutture di fondo che si muovono quasi sempre su schemi piuttosto lineari. 
Del black metal rimane la malignità, lo screaming aspro, l’approccio aggressivo e la violenza degli attacchi. Il resto è industrial, synth ed elettronica, in una formula che rende il sound, le ambientazioni, la voce tutto tremendamente acido. Persino i colori, come il giallo violento, quasi doloroso, dell’artwork.

Dirty è perdizione, senza speranza. È uno sguardo morboso che attraversa recessi sporchi e perversi.
Dal ritmo incalzante di Irreversible Crisis, dettato dalla ripetizione ossessiva della frase This World Wants to Fuck You, alle melodie dolenti di Raped by Daddy, in cui note armoniche, quasi eteree, contrastano con l’anomalia di fondo, la voce di un padre, mostro, che deruba il figlio, vittima, della propria innocenza. Realtà sbattuta in faccia, senza filtri. 

Molto riusciti i brani in cui vengono sviluppate aperture dal ritmo più morbido, accompagnate dalla voce di Fabban (ottime le sue clean vocals dal sapore quasi nostalgico), sempre adornati da una complessa trama di tastiere a formare tutta la nervatura dei pezzi, come ad esempio in Across The Universe e I Don’t Know.
Ma sono sempre i suoni campionati che scandiscono il susseguirsi dei brani e del ritmo. Trascinanti, persino accattivanti, ma spesso convulsi, tirati a un livello tale da causare stordimento.
L’ascolto diventa effettivamente più impegnativo in brani quali Bleedthrough e Helter Skelter Youth. Riffing, effetti, synth vengono spinti a livelli estremi, in una sovrabbondanza di campionamenti che rende tutto molto più ostico da digerire, e rimane l’impressione che il tutto si riduca ad una mera esibizione, che non fa’ trasparire anima ma solo presunzione. 

Dirty esce in edizione speciale corredata di un secondo cd contenente un paio di brani tratti dai primi album e alcune cover. Fire Walk With Us, dall’album omonimo, e Roma Divina Urbs, dal magnifico Kali Yuga Bizzarre, si presentano in una versione rinnovata che dà più risalto alle tastiere rispetto alle chitarre, in linea con la tendenza degli ultimi lavori. Anche il sound risulta molto più limpido e definito. Definirei invece inascoltabile Hallowed Be Thy Name degli Iron Maiden, decisamente migliori le cover di Pink Floyd e Nine Inch Nails.

In ogni caso sono di certo necessari carattere, follia, talento e anche una buona dose di arroganza per realizzare Dirty, un album assolutamente particolare, coraggioso, e per certi aspetti molto ben riuscito che lega forzatamente black metal ed elettronica, realtà che, seppur tanto distanti e contrapposte, non risultano affatto incompatibili.

By Rexor, voto 9

Commenti: 1
  • #1

    Valentina (venerdì, 07 ottobre 2016 19:33)

    Bloccus art :)

QUELLA UNICITA' CHE TI PRENDE AL PRIMO ASCOLTO. QUELL'INEBRIANTE SUONO DI TASTIERA CHE TI ARRIVA DRITTA AL CUORE, CHITARRE ALL'ALTEZZA DELLA LORO MUSICA. UNA VOCE IMPONENTE, CARICA, IN ALCUNI TRATTI QUASI ESPLOSIVA. AGGRESSIVITA', TENACIA, MA AL TEMPO STESSO MELODIA E DOLCI NOTE DI TASTIERA SPEZZANO QUELLA CARICA LASCIANDOTI SCONVOLGERE LO STATO D'ANIMO. MAI, IN TUTTI QUESTI ANNI, I DT AVEVANO OSATO UNIRE COSI' TANTA UNICITA' IN UN ALBUM NON COSI' LONTANO DAGLI ALTRI.  LO STAMPO MELO-DEATH RESTA COMUNQUE QUELLO DEI CLASSICI DARK TRANQUILLITY MA AL TEMPO STESSO SONO RIUSCITI PERFETTAMENTE A DARE ORIGINALITA' IN UN ALBUM CHE DIRE EMOZIONANTE E' POCO. RARAMENTE MI CAPITA DI ASCOLTARE UN ALBUM DOVE UNA CANZONE SI RIVELA PIU' BELLA DELLA PRECEDENTE E COSI' VIA FINO ALLA FINE. PER QUANTI DI VOI POSSANO ESSERE DEL MIO STESSO PARERE, VOGLIO USARE LA PRESUNZIONE DI SCRIVERE CHE QUESTO, PER ME, E' L'ALBUM DELL'ANNO. ALMENO SINO A NUOVE USCITE CHE DIMOSTRINO IL CONTRARIO. SUBLIME RAFFINATO E DAVVERO BELLISSIMO, COSI' MI VIENE DA DEFINIRE QUESTO COSTRUCT, CON TANTISSIMI AUGURI PER IL FUTURO DELLA BAND CHE ORA HA DAVVERO DIMOSTRATO DI AVERE TUTTE LE CARTE A POSTO PER POTER SFORNARE DELLA BUONA MUSICA.

TWolff. voto 9,5

Commenti: 7
  • #7

    Terminator9 (domenica, 21 luglio 2013 01:13)

    9 pieno

  • #6

    TWolff (giovedì, 04 luglio 2013 22:04)

    Ed ecco che i DT arrivano al culmine della loro creatività, per quanto mi riguarda è l'album dell'anno. In cima a tutta la loro discografia.

  • #5

    Terminator9 (lunedì, 01 luglio 2013 23:17)

    Io c'e' lo ed e' davvero un'altra bomba dei Dark grandiosi voto 9

  • #4

    eros (mercoledì, 26 giugno 2013 23:11)

    grandi dark a me e' piaciuto molto

  • #3

    rexor (domenica, 23 giugno 2013 10:40)

    Io,non essendo,un grande sfegatato di questo gruppo,ritengo che questa volta mi hanno sorpreso.l'ho ascoltato e mi e' piaciuto subito.album consigliato,voto,concordo con il socio Twolff un bel 8 ci sta perfettamente. by Rexor

  • #2

    TWolff (domenica, 23 giugno 2013 07:25)

    Buongustaia

  • #1

    sonya (domenica, 23 giugno 2013 01:19)

    ottimo disco, migliore dei due precedenti

Siamo nel 1986 quando quattro ragazzi dopo anni di fatica danno alla luce l'album più devastante che abbiano mai prodotto: proprio così, siamo davanti a "Walls Of Jericho" (contenente anche il mini-lp "Judas", risalente al 1985), il primo album prodotto dagli Helloween guidati dall'allora giovanissimo Kai Hansen.

Questo disco rappresenta la nascita del vecchio Power Metal grazie a riffs al limite dello speed, ritornelli orecchiabili ed una buona dose di tecnica, il tutto senza tastiera. Sicuramente più grezzo degli altri cd prodotti dalle zucche, non mancano però le melodie gioiose di cui sono intrisi i successivi "Keeper Of The Seven Keys" Parte I e II. Da notare ancora la pesante devozione alla NWOBHM, anche se si percepisce il sound personalizzato che i ragazzi di Amburgo proporranno nei lavori successivi.
Come detto prima questo è un grandissimo cd dove troviamo veramente pochi vuoti di qualità. Si comincia con la fulminea "Starlight", per poi trovare altre canzoni splendide come la bellissima "Victim Of Fate", le straordinarie "Phantoms Of Death" e "Metal Invaders" e un vero e proprio inno come "Heavy Metal (Is The Law) "... Ma non ho ancora parlato del miglior pezzo del disco, quella bomba di canzone che è "Ride The Sky", secondo me la loro migliore di sempre, che introdotta dall'orchestra di trombe medioevali della Title Track, comincia con un riff fulmineo che ancora oggi mi fa accapponare la pelle, continua con parti di basso da orgasmo, prosegue con un ritornello epico accompagnato da assoli da paura per dare vita a una canzone pazzesca.
Forse "Reptile" e "Guardian" rovinano, assieme ad una produzione pressoché schifosa, questo cd, che però resta sempre di altissimo livello. Questo si nota anche dalla prestazione delle quattro zucche, a partire da Ingo Schwichtenberg (R.I.P.) che alla batteria fa grandi cose e dal grande Markus Grosskopf che, tra tapping e fraseggi piacevoli, al basso fa mostra della sua grande tecnica. Da ricordare anche Michael Weikath che fa un buon lavoro alla chitarra assieme a Kai Hansen, quest'ultimo impegnato anche alla voce, (dove però qualche volta stona, anche se in molti punti in modo piacevole marcando il senso di grossolanità gia presente nell'album), il quale sarà poi sostituito da un certo Michael Kiske, che contribuirà a dare un nuovo stile meno grezzo alla band.

Vorrei concludere dicendo che a mio avviso questo è il miglior disco degli Helloween, addirittura superiore ai due successivi Keeper, perché tra i lavori sfornati dai tedeschi questo è sicuramente il più sincero e diretto, che preferisco alle melodie alla "Oktober Fest" che troveremo nei loro prossimi album.
Grandissimo lavoro che da vita al vero Power Metal e sancisce la nascita del mito delle zucche. voto 8,5

Dany75

Commenti: 4
  • #4

    ione (sabato, 15 giugno 2013 00:13)

    bellissimo degno di lode

  • #3

    sonya (giovedì, 13 giugno 2013 23:13)

    uno dei miei preferiti molto bello, sara' perche' adoro la voce di kai

  • #2

    Metal-Inertia (mercoledì, 12 giugno 2013 12:46)

    Concordo con te silvia77 io c'e' lo in versione: Helloween "Walls Of Jericho" extra long playing Cd con incluso il Mini-LP Judas.Grande!!!Non concordo non tanto con il voto del recensore io do un 95/100

  • #1

    silvia77 (mercoledì, 12 giugno 2013 02:08)

    pilastro del metal

Gli Autopsy ...forse una delle band death metal ingiustamente più sottovalutate, una grandissima band con un orgogliosa carriera alle spalle che li ha portati a sfornare dei capolavori come "Severed Survival", "Mental Funeral", "Acts Of The Unspeakable" e "Friend For Blood", una carriera anche finita trovo velocemente che ha portato lo scoglimento di una delle migliori band death metal.
Correva il 1989 quando il promettente batterista Chris Refeirt che aveva suonato insieme a Chuck Shuldiner in "Scream Bloody Gore", l'importantissimo e grandissimo album di debutto dei Death, decise dei creare la propria band arruolando gli ottimi chitarristi Eric Cutler e Danny Coralles e al basso la giovane promessa Steve Di Giorgio. Dopo il grandissimo "Severed Survival", devastante debut album che portò il gruppo alla pari con gruppi come Morbid Angel e Obituary tra i maggiori esponenti del metallo della morte che stava nascendo, nel 1991 venne pubblicato "Mental Funeral" che considero a mio parere il miglior album mai composto dagli Autopsy e uno dei migliori album death metal di sempre. "Mental Funeral" è l'album della sperimentazione e dell'avvicinamento a sonorità ancora più marce e lente vicine al doom, l'album è un concentrato di tecnica, potenza e grezzume. A completare questo masterpiece troviamo una devastante line-up formata dal leader Chris Refeirt che oltre a colpire in maniera impeccabile e ottima la batteria condisce il tutto con un growl marcissimo e mostruoso, dai ottimi chitarristi Erc Cutler e Danny Coralles che da buone asce di binomio colpiscono con dei riff marcissimi (si anche questi sono marci , è tutto marcio in quest'album) e con degli ottimi assoli, a completare il tutto troviamo Freeway Migliore, sostituto di Di Giorgio, che si dimostra un ottimo bassista (sentirsi lo stacco di basso centrale in "Torn From The Womb").
L'Album si apre con "Twisted Mass Of Burnt Decay", gelida open track , "In The Grip Of Winter" fa gelare il sangue a causa delle atmosfere horror create e dalle terribili urla di Refeirt, la psicadelica "Fleshcraw" porta al capolavoro dell'album "Torn From The Womb", gelida, marcia e lentissima, a mio parere una delle migliori canzoni death metal di sempre, "Slaughterday" è buona canzone ma niente di più, "Dead" è un altro cavallo di battaglia nei live del gruppo, una lenta cavalcata verso la morte ,"Robbing The Grave" dopo una prima parte più veloce ritorna su ritmiche lentissime al confine con il doom per poi riscoppiare più veloce,"Hole In The Head" trova un Refeirt scatenato che dopo un micidiale assolo di batteria emette terribili urla e growl capaci di far gelare il sangue, in "Destined To Fester" troviamo le ottime capacità dei chitarristi e del bassista capace di offrire un impeccabile stacco di basso centrale, "Bonesaw" è una brevissima sfuriata con la batteria sparata a mille e con un bellissimo assolo di chitarra che porta a "Dark Crusade" dove ritroviamo un Refeirt capace di devastare sia dietro le pelli sia con la possente voce demoniaca, l'album si chiuse con lo splendido riff della title-track capace di far gelare il sangue. Un Capolavoro, da avere assolutamente perché ha segnato la storia di un genere. voto 8,5

Dani75

Commenti: 8
  • #8

    tesya (mercoledì, 12 giugno 2013 23:20)

    ok

  • #7

    Syberg (mercoledì, 12 giugno 2013 17:52)

    Comunque scusami tutti possono sbagliare

  • #6

    Syberg (mercoledì, 12 giugno 2013 12:48)

    tesya purtroppo hai sbagliato anche in quest'ultimo commento...hihihihi :-) "Sbagliata" volevi dire? :-)

  • #5

    tesya (mercoledì, 12 giugno 2013 02:12)

    vedi mi sono sbaliata di nuovo!? ora vuoi la coppa? syberg

  • #4

    tesya (mercoledì, 12 giugno 2013 02:10)

    c'era bisogno di puntualizzare? una non si pou' sbagliare?

  • #3

    Syberg (martedì, 11 giugno 2013 18:51)

    Concordo anchio con voi ragazzi sugli Obituary.E cmq si scrive "Cause Of death" e nn "Chaos Of death" ve lo assicuro.Voto 90/100 a "Cause Of Death".

  • #2

    Tesya (lunedì, 10 giugno 2013 14:30)

    Concordo con te xan su Chaos Of Death

  • #1

    xan (venerdì, 07 giugno 2013 22:11)

    capolavoro degno di lode assieme a chaos of death

La storia dei Moonspell è stata, per anni, quella di una lunga ricerca: un gruppo che ha stravolto la propria identità in modo radicale dopo aver toccato i risultati massimi con i primi due album, che ha saputo fare qualcosa di bello (o quantomeno di carino) anche successivamente, ma i cui geni fondamentali sono andati dispersi in dischi che non sapevano più trovare un proprio tratto distintivo. Ormai anche i sassi sanno quanto Wolfheart e Irreligious abbiano significato per la scena metal al completo, e non solo quella estrema o gotica; molti conoscono il flop commerciale (e in parte anche artistico) dei successivi Sin/Pecado e The Butterfly Effect; non tutti sono consapevoli della formula sonora scelta dai portoghesi per riavvicinarsi progressivamente alle proprie origini.

The Antidote e Memorial erano infatti album che recuperavano il tratto metal del loro suono, a scapito delle divagazioni elettroniche e depechemodiane di cui si erano improvvisamente ubriacati, dopo il successo degli esordi: ma lo facevano in modo incompleto, risultando spesso senz'anima, dove quest'ultima si identificava, agli occhi dei fan, con l'essenza "lusitana" del gruppo, la capacità di evocare atmosfere tipiche della loro terra, aspetto che aveva determinato gran parte della loro esplosione alla metà degli anni '90.
Come si pone quindi Night Eternal, di fronte a tutto questo? Può essere l'album di una prima, parziale ma significativa svolta. Oggi i Moonspell sanno infatti ritrovare la capacità di scrivere brani intensi e allo stesso tempo di farli scaturire dalle proprie origini, filtrandoli con molto di quello attraverso cui sono passati. Che la cosa sia stata aiutata dal passaggio a SPV, dal ritrovamento di Waldemar Sorychta (almeno in fase di pre-produzione), o da semplice nostalgia, questo non siamo in grado di dirlo; prendiamo solamente atto di una rinascita non improvvisa ma con solide basi nel passato, che solo oggi raggiunge però una forma davvero compiuta.
Pezzi come il binomio d'apertura, le epiche At Tragic Heights e Night Eternal, sono infatti quanto di meglio prodotto daiMoonspell negli ultimi anni: una dimensione epica fortissima, un uso maturo e pieno delle tastiere, una solidità metal non più fine a se stessa; due piccoli gioielli, soprattutto la title-track, che introducono l'album al meglio. Album che si dimostra poi variegato quanto basta per poter inserire il singolone di turno, per fortuna anche un ottimo pezzi, Scorpion Flower; l'aggressione di stampo black/gothic di Moon In Mercury (che ricorda, spesso e volentieri, i Samael di Passage, nell'atmosfera); la sperimentazione melodica delle chitarre di Spring Of Rage; e la chiusura atmosferica, solenne, di First Light e del suo peso doomy.
Ribeiro è ai massimi livelli, e il gruppo gira come un ingranaggio ben oliato, finalmente (anche se, va detto, qualche momento di stanca ogni tanto si sente, ma sono episodi brevi e spesso frammentati, dello spazio di un riff dissonante col resto): il parto dei Moonspell non risulta ora più forzato, influenzato dalla pressione e dalle aspettative, dalla voglia di tornare a tutti i costi agli standard di una volta, ma sinceramente ispirato, riuscito, toccante. Night Eternal è un album degno di far parte della collezione degli amanti del gothic serio, di spessore, e dei fan moonspelliani che vogliano finalmente appagare in modo completo il proprio appetito. Bentornati, è il caso di dirlo.

Voto 8. TWolff.

Commenti: 0
Commenti: 3
  • #3

    omen (lunedì, 03 giugno 2013)

    grandissimi moonspell bel cd molto tosto

  • #2

    sonya (martedì, 28 maggio 2013 23:21)

    bello.

  • #1

    Dani75 (lunedì, 27 maggio 2013 18:56)

    ottimo disco socio

Se non sicuramente, molto probabilmente la scena metal europea nell'ultimo decennio è stata dominata dalla Svezia.Non poteva essere altrimenti, difatti il paese scandinavo è riuscito a sfornare gruppi del calibro di Opeth, At The Gates, In Flames, Meshuggah ed Entombed, che hanno assunto un certo peso anche a livello internazionale.Vorrei soffermarmi proprio sull'ultima band citata parlando in particolare del loro debutto, un album misterioso, glaciale e stupendamente malvagio come la splendida copertina: si, sto parlando proprio di "Left Hand Path"!
L'album è uscito nel 1990 quando gli Entombed erano formati da Lars Goran Petrov alla voce, Alex Hellid e Uffe Cederlund alla chitarra ed infine Nicke Andersson dietro le pelli, mentre il ruolo di bassista alle registrazioni è stato affidato agli ultimi due.Visto l'anno di uscita si può capire che sono ancora molte le influenze Thrash che arrivano da oltreoceano, ma nonostante tutto questo lavoro riesce a staccarsi da questo genere e legarsi di più ad uno stile inconfondibilmente Death grazie alle sue atmosfere tetre e la Title-Track ne è l'esempio lampante: aperta dall'urlo lancinante di una persona che si trova immersa nella notte nebbiosa del freddo bosco scandinavo tra mille spiriti dannati si lascia andare a riffs da infarto con delle chitarre che si rincorrono incessantemente, per poi terminare con un incantevole quanto oscuro giro di tastiera.Con la successiva "Drowned" si ripristina l'atmosfera opprimente e violenta che caratterizza buona parte dell'album presentandosi come una canzone molto buona, come lo sono le successive "Revel In Flesh", "When Life Has Ceased", "Supposed To Rot" e "But Life Goes On".Come settima traccia troviamo la storica "Bitter Loss", monumentale dal primo riff fino all'assolo finale e dove viene sperimentato con successo l'uso della doppia voce, cioè sia in pulito che in growl. Non da meno è la successiva "Morbid Devourment", che con i suoi rallentamenti e i cambi di velocità fa mettere in risalto le capacità di Nicke Andersson, per non parlare della bonus track "Carnal Leftovers", altro pezzo forte del disco, nonché ultima traccia degna di nota.
Sicuramente non troverete una produzione buona come quelle delle ultime uscite, ma di certo non possiamo lamentarci se abbiamo delle chitarre che presentano un po' un suono a motosega, dato che rendono il disco ancora più selvaggio di quanto non lo possa essere già.Purtroppo i testi sono quelli che sono, dove troviamo prevalentemente temi sulfurei (ma già a pensare che l'album si traduce "Il sentiero della mano sinistra" capiamo molto di quali sono tematiche più usate) che a mio parere fanno scendere molto la qualità del lavoro, ma nonostante tutto "Left Hand Path" resta uno dei primi masterpiece del metal nordico purtroppo dimenticato ma sicuramente fondamentale per la crescita del death Svedese...voto 8

Dani75

Commenti: 6
  • #6

    luciferia83 (martedì, 28 maggio 2013 22:50)

    gran bel discone ;)

  • #5

    osmose (martedì, 28 maggio 2013 02:54)

    musica vecchio stampo ma fatto bene

  • #4

    sonya (venerdì, 24 maggio 2013 23:15)

    e' lui , e' lui sto pezzo di deficente , e' un virus , non muore mai.

  • #3

    TWolff (venerdì, 24 maggio 2013 21:44)

    Bello è interessante? Mah! Comunque non è nostro è di un cretino di nome Nergal. Diffidate di lui è un pagliaccio invidioso.

  • #2

    Killing-Road 66 (venerdì, 24 maggio 2013 18:52)

    www.web-tuttometal.jimdo.com e' anche vostro ragazzi?molto bello e interessante Yeah continuate cosi'

  • #1

    sonya (venerdì, 24 maggio 2013 00:33)

    grande disco eccellente lo paragono a cause of death...

BONUS DVD

Recensire un album degli In Flames significa al giorno d’oggi spiegare ad un foltissimo pubblico l’operato di una band che, ormai, ha già toccato l’apice del proprio successo: un gruppo continuamente alla ricerca dello stimolo per fare di meglio, per aumentare la quantità di emozioni che è possibile trasmettere con la propria musica. E, bisogna ammetterlo, dopo dischi come Whoracle o Reroute To Remain un obiettivo del genere non è propriamente facile da raggiungere.

Una débâcle quindi, questo nuovo Come Clarity? Tutt’altro, siamo di fronte ad un disco ispirato, fresco e sinceramente divertente: idee melodiche azzeccatissime, in una versione chiaramente moderna, come nelle ottime Reflect The Storm e Dead End, in cui notiamo anche l’inserto di una voce femminile che potrebbe - attenzione, potrebbe - ricordare certi Evanescence; o nella ancor più bella Crawl Through Knives, senza dubbio la migliore traccia dell’album. Certo, c’è da chiedersi cosa mai sia accaduto ad Anders Fridén per farlo sembrare un anti-eroe del post-grunge in depressione cronica, sia a livello di immagine che, a volte, nella timbrica vocale, ma...sono dettagli, se vogliamo, che non sporcano l’essenza limpida di uno dei gruppi metal più creativi degli ultimi due decenni. Vero anche che ormai il target degli In Flames si è spostato, e le sensazioni che suscitano sono molto “cinematografiche”: perfette per videoclip (come quello di Take This Life, già disponibile sulle varie TV musicali) o certi film d’azione hollywoodiani, così come per un pubblico molto giovane. 

La loro è una musica che non è più giusto catalogare e giudicare entro i parametri di un determinato stile, come si faceva (e si fa tuttora) con il famoso melodic death di Gothenburg; è il frutto di un'esperienza, di una crescita che tiene conto di tutto quanto assorbito negli anni dai membri della band, dalle loro vicende personali e stilistiche (non dimentichiamo ad esempio i Passenger, gruppo gestito dal cantante e rivelatosi sfortunatamente un mezzo flop: non hanno poca importanza nel comprendere il cammino musicale svolto da Anders). E sì, nell'esperienza acquisita va inclusa anche la capacità di fiutare le esigenze del proprio pubblico e di saperle soddisfare: il che per il metal kid medio significa "commercialità", ma che in realtà possiamo tranquillamente apprezzare come vero e proprio talento, visti i risultati sempre (o quasi) all'altezza.

Il problema fondamentale degli In Flames del 2006 è che, come è destino di chiunque, la loro spinta innovativa si è ormai esaurita: spero di essere smentito nei prossimi anni, e lo spero soprattutto per il loro folto pubblico, ma è un dato di fatto che Come Clarity non inventi nulla, rielaborando quanto di buono già inserito nel loro stile in passato. Come già evidenziato per Character, ultima opera della loro nemesi, i Dark Tranquillity, per una band che ha sempre tracciato la strada questo non è un semplice puntino su una "i", anzi.


Qualche ombra che comunque non riesce ancora ad offuscare la luce dei loro brani: che non sono certo immancabili, ma si fanno ascoltare bene anche dopo diverso tempo, il che ormai è una dote più unica che rara. Voto 8,5    by Rexor

Commenti: 3
  • #3

    gans (mercoledì, 22 maggio 2013 21:51)

    grandi in flames

  • #2

    gorgoth (martedì, 21 maggio 2013 00:18)

    si ottimo disco due o tre pezzi sono stupendi

  • #1

    TWolff (domenica, 19 maggio 2013 10:13)

    Ottima scelta socio, concordo con il voto gran bell'album, presto lo comprerò così lo metto insieme agli altri degli In flames che ho.

Erano passati ben tre anni dall'ultima produzione in studio per il devastante combo americano. Tornano sulle scene con questo ottavo capitolo discografico "Gore obsessed", all'insegna del death più brutal e tecnico.
Svolte stilistiche non ce ne sono state, l'unico scopo di questo disco è quello di spaccare tutto, con la enorme quantità di violenza che riesce a sprigionare ad ogni canzone, un growl sviscerante in perfetto connubio con la furia più ceca a cui siamo stati abituati.
La miglior prestazione vocale del periodo post-Barnes per George "Corpsegrinder" Fisher, che finalmente riesce ad esprimersi al meglio dietro al microfono.
Anche le composizioni hanno un livello qualitativo più elevato rispetto agli ultimi lavori come "Gallery of suicide" e "Bloodthrist".


Ad aprire il macello sonoro ci pensa la song "Savage butchery", canzone che calza perfettamente i panni di opener. Il fulcro di "Savage butchery" è la violenza espressa allo stato brado. Canzone che live avrà una presa sul pubblico davvero eccezionale.
A seguire troviamo "Hatchet to the head", canzone immediata che ti si piazza con il suo ritornello in testa sin dal primo ascolto. Troviamo un Mazurkievicz che non perde nessuna occasione per mitragliare come un folle con la sua batteria. Sono sicuro che mieterà tantissime vittime per il suo incidere in pieno stile Cannibal Corpse. Il disco già inizia a stordire l'ascoltatore unicamente con queste due tracce quando è il turno della terza canzone "Pit of zombies". Thrash come poche altre,veloce,con continui cambi di tempo ed una struttura che non è assolutamente banale e scontata. Una delle canzoni meglio riuscite di 
"Gore obsessed".
L'apice di violenza e rabbia lo raggiungiamo con "Dormant bodies bursting". Le chitarre di Jack Owen e Pat O'Brien maciullano riff malati e convulsi, Corpsegrinder non prende fiato nel suo incidere impulsivo ed irrefrenabile, dando alla luce un'ottima prestazione.
La seguente "Compelled to lacerate" si basa su di una struttura mutevole e varia, intricata, i riff si rincorrono su continui cambi di tempo che almeno per i primi ascolti risultano assolutamente imprevedibili ed in grado di mozzare il fiato. Ottima prova tecnica per Jack Owen che sfodera classe e stile nei tre assoli che farciscono il pezzo: malati come solo i Cannibal Corpse potevano fare.
Le seguenti "Drowning in Viscera" ed "Hung and bled" rappresentano due canzoni di tipo opposte: la prima cadenzata e devastante, Mazukievicz picchia tosto combinando sfaceli, mentre nella seconda claustrofobica song , pesante e trascinate sono le due chitarre a tirare in questo tempo lentissimo.
Parte con un crescendo rumoroso "Sanded faceless" per poi  esplodere in autentico spirito Cannibal Corpse.
"Mutation of the cadaver" è simile per varietà di soluzioni a molte delle tracce di "Gore obsessed": continui cambi di tempo, violenza ed una totale imprevedibilità.
La decima traccia "When death replaces life" ci si presenta dapprima lentamente, per poi sfociare con violenza nel finale sempre più in crescendo. "Grotesque" invece è caratterizzato da un fantastico assolo di basso che mette in luce il bassista Alex Webster, anche uno dei maggiori compositori del gruppo.
A chiudere ci pensa una cover ottimamente riuscita di "No remorse" dei Metallica. I cannibal Corpse la riescono a rendere anche caratterizzandola con il loro inconfondibile stile.

In conclusione credo che "Gore obsessed" sia uno dei capitoli meglio riusciti della recente discografia dei Cannibal Corpse, non arriva a toccare i picchi di genialità espressa in album come "Tomb of the mutilated" ma riesce comunque a stupire.
Acquisto decisamente consigliato ai fan del gruppo e del death statunitense.

Voto 8.TWolff.

Commenti: 3
  • #3

    kindomk (martedì, 21 maggio 2013 21:43)

    apprezzo molto questo lavoro concordo con la rece

  • #2

    necrodeath (venerdì, 17 maggio 2013 22:56)

    tosto, tostissimo!!!

  • #1

    ElDiablo (giovedì, 16 maggio 2013 18:52)

    this is true music!WOW

Il periodo compreso tra la fine degli anni 80 e la prima metà degli anni 90 fu pregna di albums importanti nel panorama crossover che iniziò ad impazzare nelle classifiche di mezzo mondo.

Gente come i Faith No More, i Red Hot Chili Peppers e i Living Colour, tanto per citare, forse, i più rappresentativi occupavano in maniera quasi massiccia gli spazi delle riviste specializzate e non, riempivano le arene di fans e facevano il pieno di dischi di metallo pregiato che li portarono ben presto a uscire dai ristretti limiti di band underground per approdare alla conoscenza delle masse. Furono di quegli anni dischi imprescindibili quali “The Real Thing” e “Angel Dust”, della band di Mike Patton, “Blood Sugar Sex Magic” dei peperoncini rossi piccanti e “Time’s Up” dei Living. Mi sento di consigliare a coloro che amano tali dischi ed, in generale, il tipo di musica contaminata di quegli anni, “Mantra” dei milanesi Ritmo Tribale.

I Ritmo Tribale, pur riscuotendo un buon riscontro di critica e pubblico nella prima metà dei nineties, grazie all’uscita di, appunto, “Mantra” e “Psychorsonica”, non hanno mai avuto il successo che si meritavano, anche perché il loro rock contaminato ma diretto e senza fronzoli, si indirizzava a quella fetta di pubblico che sbavava dietro ai Litfiba (oramai in fase ispirativa calante) e a gente inutile come Ligabue.
Nati nella metà degli anni 80, il sound dei nostri si è lentamente evoluto da un suono punk e hardcore ad un crossover di chiara matrice funky che deve molto soprattutto alla creatura di Anthony Kiedis, il tutto poggiato su una robusta base hard rock coinvolgente ed incalzante.

“Mantra”, ossia, forse, il loro miglior lavoro, è un’opera completa sia sotto l’aspetto musicale che compositivo e meriterebbe senza dubbio un riconoscimento maggiore del dimenticatoio in sui sono finiti i Ritmo Tribale, complice la dipartita dal gruppo dopo la pubblicazione di "Psychorsonica" di Edda, cantante abilissimo e dotato di una voce calda e particolare.
Il filo conduttore dell’album è il sogno, visto in una concezione intima e possessiva in cui rifugiarsi (“Prendi il tuo sogno e lascia stare il mio, questo è il mio gioco, questo sono io”, “Madonna che sogno, io non riesco a dire di no”) ed, in generale, il rapporto tra l’uomo e tutto ciò che sfuggente, non materialmente conoscibile come la religione (“C’è veramente un potere che non vedi ?, c’è veramente il mistero che tu credi ?, c’è veramente l’assoluto ai tuoi piedi ?” ) e la propria anima (“Vorrei un corpo fatto di antimateria, con dentro un cuore che si stacchi dalla terra..”).

Musicalmente questo “Mantra” si caratterizza per l’ampia varietà di suoni e di stili. Si comincia con la durissima “Assoluto”, contraddistinta dal riff ossessivo di chitarra in puro stile heavy, e si continua con l’hard rock dal sapore grunge di “Madonna” e “La mia religione”, con il rock sanguigno e zeppeliniano di “Hanno tradito” e “Sire”, con la punkeggiante “Ti detesto II”, con la potente cover di Rino Gaetano “Il cielo è sempre più blu”, con la psichedelica “Antimateria” dall’intro che ricorda vagamente “ Tomorrow’s World” dei Killing Joke, con il funky di “Buonanotte”.
Ma i momenti più intensi dell’ album si devono ricercare nelle songs più posate e melodiche come la blueseggiante “Amara” e, soprattutto con i suoni raffinati e delicati di “Sogna” e “La verità”.

In conclusione non c’è molto da dire se non che si tratta di un album da scoprire per un gruppo da rivalutare, soprattutto per chi ha vissuto in prima persona l’affermarsi del crossover negli anni 90. voto 8,5
Dani75

Commenti: 10
  • #10

    Milton (venerdì, 07 ottobre 2016 15:01)

    Se x capire di musica dobbiamo ascoltare questi,i muse,i lacrimosa,the gathering, ecc io personalmente preferisco essere nn intenditore di musica Twolff hihihihihi scusami e.... :)

  • #9

    silvia77 (martedì, 21 maggio 2013 01:04)

    bellissimo , la ballata e stupenda

  • #8

    TWolff (domenica, 19 maggio 2013 10:15)

    E anche se tu non fossi Nergal, cosa che non credo, comunque dimostri di essere un quattordicenne! E se è così questo blog non fa per te.

  • #7

    TWolff (sabato, 18 maggio 2013 21:17)

    Visto che parli di trasparenza, perchè non ti firmi con il tuo vero nick? cioè Nergal? Pagliaccio.

  • #6

    Dani75 (sabato, 18 maggio 2013 15:19)

    niente problemi, cmq modera i toni, ....comprendi?

  • #5

    Unavailable-black (sabato, 18 maggio 2013 14:53)

    Dani75 la musica e' questione di gusti.Per te e' un abisso di disco mentre per me in abisso sono loro...ma proprio e profondamente abissati.Ci sono problemi?o tutti quanti dobbiamo dire si su un cd fatemi capire?Alla faccia del sito trasparente ecc...Bah!

  • #4

    TWolff (venerdì, 17 maggio 2013 21:33)

    Hai ragione socio. NN tutti sono buoni ascoltatori di musica, alcuni poi non ne parliamo proprio, senza fare nomi tanto si capisce. Haha!

  • #3

    Dani75 (venerdì, 17 maggio 2013 20:30)

    dire che non e' bello st'album e' sacrilegio, mha! ma la musica l'ascolti con i piedi ? bho!!

  • #2

    Unavailable-black (mercoledì, 15 maggio 2013 15:36)

    Le band dove fiuti subito che possono fare bene,sfondare nel proprio genere e regalarci tantissime emozioni sempre lo si capisce all'istante.Purtroppo per loro non e' mai stato il caso dei Ritmo(destinati a rimanere nell'abisso piu' profondo).Dispiace per loro,io personalmente non li ho mai digeriti.Si dice:"Ritenta sarai piu' fortunato".Ahime' che delusione di gruppo!!! :-( voto 40/100 By Sanatorio

  • #1

    ronny (mercoledì, 15 maggio 2013 00:14)

    proprio vero non hanno avuto il successo che meritavano, grande disco concordo.

Correva l'anno 1993 e l'Italia si stava rialzando  dallo scandalo Tangentopoli.

Si respirava aria di delusione,nervosismo e soprattutto rabbia ed è da qui che nasce Terremoto, dalla rabbia.

Il sound e i testi sono di quanto più schietto e diretto i Litfiba avessero mai prodotto, ed è l' unico album della band Fiorentina, ad essere facilmente accostabile al Metal.


Terremoto esce appunto nell'anno 1993 per la CGD, e prodotto da Alberto Pirelli.

Nelle sonorità dell'album si notano chiare influenze di Band come Metallica e dei vari gruppi Grunge dell'epoca.
L'iniziale Dimmi il nome ci travolge come un macigno, con un Riff di chitarra spaccaossa e un Piero Pelù aggressivo e rabbioso.
Sulla stessa linea è la successiva Maudit, che inizia con un intro sinistro ed oscuro per poi esplodere in linee chitarristiche di grande effetto.
Anche se l'album è il lavoro più peso della band non è da sottovalutare il lavoro delle tastiere, a nome di Antonio Aiazzi,arrangiate con gusto e in modo certosino.
Ovviamente un plauso particolare va al chitarrista Federico Renzulli (in arte Ghigo) che arrangia e rifinisce i brani con classe, enfatizzando (come sempre) il suo fedelissimo wah-wah.
La traccia numero tre è una delle canzoni più belle e famose scritte dai LitfibaFata Morgana.  Dopo un intro di Sitar (per mano dell'ospite Harish Powar),il brano si evolve in una suggestiva melodia, per poi esplodere in una bellissima frase solista. Il testo racconta del fenomeno ottico chiamato, appunto, Fata Morgana.
La successiva Soldi, già dal titolo, chiarisce ogni equivoco sull'argomento trattato: "Molle solidita'La tua vergogna e' di voler comprare tutto Noi qui, figli del boom Abbiamo perso anche l' immunita' al contagio della liquidita'"
La traccia numero 5 Firenze Sogna è la traccia più soft dell'album ed è ovviamnente dedicata al capoluogo Fiorentino.
Con Dinosauro torna a fare capolino il metal: chitarre pesantissime e la voce di Piero cattiva come non mai. Da segnalare l'ottimo lavoro solista di Renzulli, mai tecnico ma ispiratissimo.
Una marcia introduce la ballata antimiritalista per eccellenza: Prima Guardia
La suggestiva musica, ad opera di Renzulli, rende il giusto omaggio allo stupendo testo, ispirato al romanzo Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati, di cui evidentemente Pelù rimase particolarmente affascinato. 
Da manuale il bellissimo assolo di Ghigo, forse il migliore della sua carriera.
Si arriva al Il Mistero di Giulia, dove un'ottima base Rock, supporta le disgressioni dei rapporti di coppia, che Pierodecanta nei testi.
Sotto il Vulcano, dura e cupa,  chiude l'album in modo dignitoso.
A distanza di anni Terremoto, resta uno dei migliori album di tutta la carriera dei Litfiba e fotografa uno dei momenti più belli e intensi della band.

Da avere.

Voto 9

TWOLFF

 

Commenti: 3
  • #3

    orion (lunedì, 03 giugno 2013 23:35)

    grandi fiba

  • #2

    roon (lunedì, 13 maggio 2013 21:29)

    grande disco , grandi fiba!

  • #1

    Akreons (giovedì, 09 maggio 2013 21:26)

    Mitico album, concordo con Twolff, ci voleva una recensione italiana di musica tosta, poi i Litfiba sono unici. Complimenti

La rabbia...

Cosa è la rabbia, come possiamo definirla? Qual è il senso della rabbia, il più umano tra i sentimenti, e perché viene condannato? La risposta è una sola: perché la rabbia genera violenza, e la violenza porta all'odio, alla crudeltà e alla sofferenza. E qua ci si si pone una domanda che l'uomo cerca di risolvere da secoli, no, che dico, da millenni. Come si può incanalare la rabbia per fare in modo che non nuoccia ad altri esseri umani? Rob Halford dei Judas Priest diceva: "La rabbia è un'emozione umana molto onesta e se si riesce ad incanalarla nella musica, tanto di guadagnato." Forse è la frase migliore per descrivere al meglio la musica degli Slayer e quello che viene universalmente ritenuto il loro capolavoro, Reign In Blood.

Nessuna parola basterebbe per descrivere questo album, che va oltre il thrash, oltre il metal, al di là della musica universale. Ci troviamo davanti ad un sublime affresco infernale, che riflette la genialità visionaria di Jeff Hannemann e Kerry King, proiettandoci direttamente all'entrata dell'infinito baratro di fuoco dell'odio umano. Sono ventinove minuti di rocciosi riffs, sostenuti dalla fantastica batteria di Dave Lombardo e dalla grottesca voce di Tom Araya, che ci fanno vivere un'esperienza indescrivibile, se non la si prova in prima persona. E' qualcosa di difficile da spiegare a parole, perche' ci si accorge di questo solo quando attacca Angel Of Death: il riff e' uno dei piu' maledettamente granitici e devastanti della storia del metal, è un puro assalto frontale alle orecchie dell'ascoltatore, portato avanti dall'urlo infernale di Araya: è la perfezione massima della violenza e della rabbia. E dopo Angel of Death, una serie di aggressivi e velocissimi brani che continuano il discorso iniziato, non concedendo neanche un attimo di pausa. Descriverli uno per uno sarebbe soltanto fine a sé stesso, anche fossero gli episodi migliori quali per esempio Postmortem, Altar of Sacrifice o Jesus Saves, quindi arrivo subito alla ciliegina sulla torta, l'elemento conclusivo, la sfuriata finale: Raining Blood.

La canzone inizia con il suono di una tempesta in arrivo, con i tuoni che si avvicinano e la pioggia che inizia a cadere copiosa. E' un intro forse banale a pensarci, ma il senso di snervante attesa che crea e' fenomenale... perchè dopo nove canzoni una più tirata dell'altra riesci un attimo a rifiatare ed improvvisamente senti la tempesta che arriva e capisci che il peggio deve ancora arrivare, annunciato da quei tuoni e da quei colpi di batteria...ed all'improvviso arriva: uno dei riff piu' maledettamente malingi ed inquietanti mai sentiti, giusto una semplice scala di note messe insieme. Semplicissimo, basilare, eppure di un'efficacia mostruosa... poi giusto qualche secondo con un altro riffettone granitico e via per gli ultimi 3 minuti di pura violenza che si concludono con il caotico assolo finale, bruscamente interrotto dal rumore dei tuoni, sempre piu' lontani. La tempesta è passata e si può tornare a respirare normalmente.

Questo è Reign in Blood, uno dei più geniali, più devastanti, più potenti lavori che la mente umana abbia mai concepito. Anche nella durata Reign in Blood ha la sua perfezione... qualche minuto in più e sarebbe stato forse troppo da sopportare in una sola botta per gli ascoltatori. Per concludere, mi rendo conto di non avere poi detto molto sull'album, ma e' uno di quei dischi che non si possono spiegare efficacemente a parole, bisogna ascoltarlo e giudicarlo di conseguenza. Alcuni lo detesteranno e non sopporteranno più di dieci minuti; altri non lo apprezzeranno subito, ma vorranno risentirlo; altri ancora lo adoreranno. Io sono tra quest'ultimi...R.I.P. JEFF..voto 9

Dani75 

Commenti: 18
  • #18

    Dani75 (sabato, 18 maggio 2013 15:27)

    in originale...........questo e' sottinteso, ma con un soggetto come te meglio specificare.

  • #17

    Dani75 (sabato, 18 maggio 2013 15:22)

    senti a me stronzetto, non devo dimostrare niente a te! cmq horrorscape possiede un quantitativo di cd, vinili, musicassette e dvd pari a 1000 e oltre, quindi fammi un piacere stai zitto e' meglio.

  • #16

    TORMENTOR (sabato, 18 maggio 2013 14:51)

    SENTO ARIA DI BUGIA A PELLE E VI DO UN CONSIGLIO POSITIVO:RECENSITE SOLO QUELLO CHE AVETE IN ORIGINALE....NON QUELLO CHE VI PIACE MA L'AVETE MASTERIZZATO O NON LO AVETE PROPRIO ABITUALMENTE NELLO STEREO...BY GIOVANOTTI E W IL METAL

  • #15

    TWolff (venerdì, 17 maggio 2013 21:34)

    Lascia stare socio che questo individuo sarà solo un curioso invidioso di sapere gli altri cosa hanno che lui non ha!

  • #14

    Dani75 (venerdì, 17 maggio 2013 20:32)

    ma che dici, appunto che non ti conosco, che foto ti do?? non certo una mia.

  • #13

    TORMENTOR (giovedì, 16 maggio 2013 12:51)

    Bene!Dani75 il mio contatto e' marcotormi@yahoo.it

  • #12

    Dani75 (lunedì, 13 maggio 2013 11:55)

    ok, anche se non ne vedo il motivo..

  • #11

    TORMENTOR (lunedì, 13 maggio 2013 00:41)

    Dani75 io sono lontano:ho la copia originale firmata dagli Slayer dopo il concerto che hanno tenuto a Firenze tanti anni fa.Se vuoi ti mando foto a qualche indirizzo mail che mi comunicherai mentre tengo in mano la copia.e tu la tua foto con in mano il cd...che ne dici?

  • #10

    Dani75 (domenica, 12 maggio 2013 15:41)

    Mmmmmmmmmmmh! Sei proprio un dildo? Siniiiiiiiii!!! Ce l'ho anche vinile.

  • #9

    TORMENTOR (domenica, 12 maggio 2013 14:21)

    C'E' L'Hai in originale?

  • #8

    TORMENTOR (martedì, 07 maggio 2013 22:22)

    Dani75 scusami avevi scritto che c'e' l'hai in originale nel commento precedente quanto ti ho chiesto se anche tu avevi questo cd capolavoro appunto originale.NOn avevo letto la tua risposta e pensavo non avevi risposto.Pardon :-) cmq ripeto:ottimo lavoro e voto 9 giustissimo,azzeccatissimo e meritato.Grandi Slayer e un saluto al grande Hanneman :-(

  • #7

    Dani75 (martedì, 07 maggio 2013 18:58)

    in che senso ''originale come te?''

  • #6

    TORMENTOR (martedì, 07 maggio 2013 17:59)

    Mmmmmmmmmmmmm...!!!Ok anche se non c'e' l'hai originale come me Dany75 e' cmq un disco che deve essere recensito e merita assoluta attenzione.

  • #5

    sonya (martedì, 07 maggio 2013 12:07)

    grande capolavoro, grandi slayer, che perdita madooooo'

  • #4

    Dani75 (lunedì, 06 maggio 2013 09:29)

    certamente, non poteva mancare nei miei cd

  • #3

    TORMENTOR (lunedì, 06 maggio 2013 00:33)

    Io ho tutta la collezione originale dei mitici Slayer e questo e' Reign in Blood...che dire?Voto 8,5 e basta.Sbalorditiva la perdita di Hanneman... :-( .Bella recensione Dany75 complimenti,la merita tutta questo lavoro.Tu c'e' l'hai anche originale?

  • #2

    Twolff (domenica, 05 maggio 2013 14:58)

    Grande album socio!

  • #1

    luciferia83 (venerdì, 03 maggio 2013 23:39)

    bellissimo, la morte di hanneman e' una grave perdita per tutti noi :(

Sesto capitolo per i tedeschi Dark Age, band ampiamente rodata che si è resa nota al grande pubblico fin dal bellissimo “The Silent Republic” nell’ormai lontano 2002. La band durante il suo percorso non ha mai subito eccessivi cali di tono e ci aveva lasciato ben sperare nel 2008 con un discreto “Minus Exitus”, l’ultimo disco targato Remedy Records prima di passare sotto la protezione della AFM che ha curato tutta la produzione di quest’ entusiasmante album: "Acedia".

Le impressioni che ho durante l’ascolto sono di una band matura, in forma, che sa dosare le parti più aggressive di matrice Swedish con voce sporca e graffiante, ad intermezzi decisamente NuMetal di stampo americano con voce e cori in pulito, il tutto condito e impreziosito da suoni decisamente moderni; dunque un ottimo lavoro svolto da Eike Freese e soci, senza dubbio uno dei migliori negli ultimi cinque anni. Abbandonate le sonorità grezze e le influenze thrash dei primi dischi, la band di Amburgo ha sposato un sound morbido e piacevole da ascoltare, ben calibrato tra melodia e distorsione, assolutamente positivo!

Ad arricchire ulteriormente il vademecum della band troviamo un brillante Niklas Sundin (Dark Tranquillity) ad occuparsi dell’artwork del disco (un ottimo lavoro) e nientemeno che Kai Hansen come ospite nella bonus track "Vampyrez" presente nell’edizione digipack. Che dire di più? Una band da provare, da ascoltare e da scoprire ad ogni nuovo ascolto, per gli amanti delle sonorità moderne ed aggressive, melodiche e ispirate, sulla scia degli ultimi In Flames e Soulfly, difficilmente vi deluderà! voto 7

Dani75 

Commenti: 4
  • #4

    kodek (giovedì, 09 maggio 2013 00:35)

    grandi spaccano proprio, e da poco che ascolto i cannibal , ma posso dire che questo album spacca

  • #3

    brakingdown (martedì, 07 maggio 2013 22:13)

    ottimo cd , compatto e composto bene

  • #2

    mirrorplay (sabato, 04 maggio 2013 02:15)

    si si! lo apprezzo molto, molto melodico

  • #1

    sonya (sabato, 04 maggio 2013 00:11)

    molto carino come disco

Un format abrasivo che non smette mai di ledere i tessuti celebrali. La forma piu' corrotta e devastante del brutal, viene ancora una volta resa inconsistente dall'opera di cannibalismo sonoro della band culto del panorama estremo. Un asettico e deplorevole viaggio irto di noise puro e insolente ferocia, senza mai piegarsi a sterili compromessi. 17 anni, 14 album (se contiamo anche Live Cannibalism, Hammer Smashed Face e Worm Infested), la storia del metal negli anni (da Eaten Back To Life, Butchered At Birth e Tomb Of The Mutilated a The Bleeding, Vile, Gallery Of Suicide, Gore Obsessed e The Wretched Spawn, tanto per non far nomi) e mai una caduta, un cedimento o un ripensamento. Anzi, i Cannibal Corpse del 2006 rendono ancora piu' deviata la loro opera di convincimento sonoro. Kill non lascia spazio a dubbi. Un titolo che rappresenta l'estrema unzione della melodia e della ricerca tecnica. Un attacco senza fronzoli, un sound che ricerca nel thrash (avete capito bene) nuove armi e nuove sensazioni. Se l’ultimo The Wretched Spawn rappresentava al meglio cio' che la spaventosa ugula di “Corpsegrinder” cercava di emanare, Kill sterza su terreni ancora piu' marci e "slayeriani". Il brutal death dei Cannibal Corpse e' riconoscibile lontano un miglio, ma ultimamemte, la nuova strada intrapresa, ha reso ancora piu' "fresco" e “saturo” il loro sound. Un continuo macinare agonie e dolori, rabbia fredda e sintetico odio. La violenza mentale con la quale e' stato concepito l'ultimo nato in casa Corpse ha del mostruoso, e’ come se il tempo non si fosse mai fermato, come se il brutale muro sonoro non si fosse mai minimamente scalfito. Kill ha dalla sua una nuova ricetta, quelle scheggie thrash tanto care a combi storici come Sodom e Slayer. Muro contro muro. Parte fortissimo il nuovo figliol prodigo metal dei Cannibal: The Time To Kill Is Now porta la voce di George Fisher alla rappresentazione totale della pura rabbia cieca. Le vibrazioni isteriche di pezzi rimasti nella storia della band come Meat Hook Sodomy, Entrails Ripped From A Virgin`s Cunt, Staring Through The Eyes Of The Dead, Unleashing The Bloodthirsty, Savage Butchery e Frantic Disembowelment, vengono riprese e gettate nel calderone thrash, un contenitore di ridondanti tormenti scenici, dove lo splatter piu’ cupo viene reso solido e vivo. George Corpsegrinder Fisher, Rob Barrett, Alex Webster e Paul Mazurkiewicz, sotto l’attenta visione di Erik Rutan (toh, guarda chi si vede...) asportano ancora una volta il volere sonoro delle nostre menti, per renderlo apatico, cinico e innaturale. La provocazione dei Cannibal targati 2006 e’ di quelle che rimangono impresse a lungo nella nostra sterile e sfregiata memoria, l’ansia che traspare dalle composizioni di Kill infatti, rende il tutto piu’ brutale e cruento, come se gli anni trascorsi non avessero in minima parte scalfito la loro macchina da guerra. La propaganda sonora osa su assennati terreni, sempre e comunque memori di quel che il passato ha rappresentato (e rappresenta tutt’ora) per il movimento estremo. Ed e’ su queste dissolte basi alterate che prendono forma i nuovi rifugi death, da Necrosadistic Warning a Purification By Fire, da The Discipline Of Revenge a Brain Removal Device, passando per pezzi travolgenti come Death Walking Terror e Barbaric Bludgeonings. Kill e’ la semplice continuazione del Corpse-pensiero, un pensiero che si nutre di tutto il marcio e il dolore possibile. Il sicario e’ tornato, ed e’ tornato per noi. 

Voto 8,5.

TWOLFF

Commenti: 11
  • #11

    TWolff (domenica, 05 maggio 2013 14:52)

    hahahah. sono dello stesso tuo parere Sonya

  • #10

    sonya (venerdì, 03 maggio 2013 01:41)

    centurian vedo che tu di musica ne capisci, ma datti all'ippica hahahaahah

  • #9

    Centurian black (mercoledì, 01 maggio 2013 12:01)

    meglio album com vile dei Cc questo non mi piace per niente voto 5/10

  • #8

    odin (martedì, 30 aprile 2013 22:36)

    indubbiamente molto tosto, ottimo disco

  • #7

    TWolff (mercoledì, 24 aprile 2013 17:56)

    Non tutti i metallari comprendono la musica dei CC. Saranno gusti ma bisogna ammetterlo quando una band sforna album dove la tecnica fa da padrona.
    alternativedoor (?) si scrive Septic Flesh e non Flesch.

  • #6

    alternativedoor (mercoledì, 24 aprile 2013 09:33)

    dani75 sicuramente punti di vista guai non fosse cosi'...sarebbe un caos.Cmq Obituary e non "Obytuary" se ti riferisci al gruppo.Beh meglio i S.Flesch e gli Obituary e' un caso molto a parte...nulla a che vedere con i cannibal a mio modestissimo avviso.Beh rimango al mio giudizio voto 4 su 10.

  • #5

    dani75 (mercoledì, 24 aprile 2013 01:21)

    diciamo punti di vista ...alternativedoor... in effetti li trovo un po troppo gutturali, puo' essere il fatto che per il sottoscritto, l'unica voce gutturale che piace (tantissimo) e' quella dei septic flesh,e quindi paragono automaticamente le due voci..e sotto inteso quale sia la migliore per me... comunque li considero come gli obytuary...se non ci fossero bisognerebbe inventarli, rimengo del parere del mio primo commento

  • #4

    alternativedoor (martedì, 23 aprile 2013 23:56)

    Uguale a tutti i cd che hanno fatto...violenza e basta!!!Il cantante poi è un facocero che sputa cazzate incomprensibili come tutti gli altri album dei cannibal.Onestamente:ma come si fa ad ascolare sta roba??le chitarre poi fanno pieta'.Si può considerare album? Bah voto 4/10

  • #3

    sonya (martedì, 23 aprile 2013 23:31)

    bellissimo cd adoro tutta la discografia dei cannibal

  • #2

    rexor (martedì, 23 aprile 2013 21:10)

    Dai Cannibal corpse non possiamo che aspettarci,solo ed esclusivamente,ottimi lavori,,,,a conti fatti sono loro i maestri assoluti della scena grind.Album di grande spessore tecnico,violento e brutale,,,,grandi.9 by Rexor

  • #1

    Dani75 (lunedì, 22 aprile 2013 23:34)

    violento e potente socio concordo con il voto

Sono passati due anni dalla pubblicazione di The Beginning Of Times ed eccoci nuovamente qua a recensire la nuova opera degli Amorphis. Lo ammetto, la band sta cavalcando un periodo eccezionale come prolificità, come ispirazione e consenso del pubblico; perciò recensire un loro disco è qualcosa di difficile. The Beginning Of Times era, a tutta ragione, il terzo capitolo di una serie di album musicalmente ispirati ma dai tratti largamente comuni. Le variazioni sul tema erano pochine, strutturate su melodie sempre più catchy e imponenti ed una base metal dalle tinte progressive ma non indigeste. Solo che era tempo di cambiare, mutare leggermente per non fossilizzarsi... ed ecco che ci troviamo di fronte Circle. Risponde a questi presupposti di cambiamento? Si. La band finlandese ha preso l'esperienza maturata nei precedenti 6 anni e l'ha incanalata verso un risultato maestoso, figlio di un songwriting assolutamente riconoscibile (la marca Amorphis si sente lontano un kilometro, con Holopainen e Kallio che si dividono equamente il merito, con l'aggiunta di una canzone a firma Koivusaari) ma con diversi tratti di discontinuità. La band ha rischiato e ne siamo felici. Cosa hanno mantenuto? Il songwriting è sempre cristallino, composizioni ad ampio respiro e spesso immediate (attenzione, non parlo di facili, hanno vita anche dopo diversi ascolti); le melodie sono dotate di charme, potenti come da tradizione con Joutsen alla voce e non risparmiano una bella dose di malinconia ed epicità. L'impasto sonoro (merito anche degli Abyss Studios di Peter Tagtgren e del suo eccellente lavoro in studio) è ben calibrato, non è confuso e permette di sentire distintamente il contribuito di ciascuno della band (le cui performance sono su ottimi livelli). Cosa c'è di diverso? Le chitarre, in primis, riprendono a ruggire quando serve, caricandosi di distorsioni che avevano perso nella pulizia sonora delle ultime releases; pur aggredendo l'ascoltare, la mano di Esa e Tomi procede sicura anche nei territori dove la distorsione viene accantona e bisogna far fluire un sound più limpido e cristallino, con le influenze Pink Floyd-iane che emergono di tanto in tanto. In secondo luogo la voce di Tomi. E qua parliamo di una variazione notevolissima, lo abbiamo apprezzato sia come growler sia con le clean vocals melodiche e potenti, in Circle lo troviamo introdursi in territori mai apparsi nel sound dei finnici: lo screaming death/black (si senta, per esempio, Nightbird's Song). Questo fattore di novità è incredibile, fornisce un impatto potente alla composizioni, incattivendo la canzone e facendo splendere le parti clean e corali. Ma su tutto ritroviamo un disco in cui l'ispirazione è costante per tutto il corso del Cd, The Beginning Of Times aveva qualche fisiologico calo sulla lunga distanza (tredici tracce erano troppe), in Circle troviamo nove canzoni tirate a lucido, senza filler e molte persino potenziali singoli, sinonimo di quanto sono quadrate ma ben bilanciate. Descrivere i brani? Inutile. Ascoltateli. Quello che dovete sapere è solo questo: gli Amorphis hanno mutato forma, rimanendo perfettamente fedeli a loro stessi. Solo pochissime e mirabili band ci riescono, soprattutto con oltre 20 anni di storia sulle spalle. Disco consigliato. voto 9

Dani75

Commenti: 6
  • #6

    siderg (martedì, 07 maggio 2013 22:15)

    ?? scusa blacksympionic , ma che cazzo vuoi!!!!!!!

  • #5

    blacksympionic (domenica, 28 aprile 2013 16:31)

    siderg ma va!

  • #4

    siderg (venerdì, 26 aprile 2013 23:19)

    ottima fatica questa degli amorphis

  • #3

    blacksympionic (venerdì, 19 aprile 2013 19:01)

    bello bello bello io c'e' lo digipack.voto 9,5
    ragazzi vi consiglio anche i Melechesh "Emissaries" o "The Epigenesis" io c'e' li ho.Ottimo gruppo e unici di Gerusalemme sulla scena Black....da votare con un 90/100...buon ascolto!!!!By by ;-)

  • #2

    akeron (venerdì, 19 aprile 2013 01:43)

    bellissimo, e' vero e' curato molto sia come suono che come produzione

  • #1

    sven (giovedì, 18 aprile 2013 11:30)

    ottimo disco amorphis un nome una garanzia

Dopo aver abbandonato completamente le sonorità Black metal degli esordi (dei vari "Sventevith" e "Grom") abbracciando un sound tipicamente Death americano, molto tecnico ed elaborato, con il precedente "Satanica", i polacchi Behemoth pubblicano nel 2000 "Thelema 6" esattamente ad un anno di distanza dall'ultimo.

Questo che sto per recensirvi è un disco a dir poco devastante che li consacra definitivamente come uno dei migliori act estremi degli ultimi anni, confermando che questo cambio di stile sia stata una scelta azzeccatissima da parte della band che a parer mio non ha fatto altro che evolvere il proprio sound sotto tutti i punti di vista. Con quest'album i Behemoth riprendono il discorso musicale già intrapreso con l'ottimo "Satanica" migliorando però alcuni aspetti come la maggior cura degli arrangiamenti e il livello tecnico che risulta ancora più elevato, dove il drumming di "Inferno" raggiunge i limiti dell'umana follia.

I brani poi sono molto più diretti e feroci che in passato. L'impatto con la prima traccia "Antichristian phenomenon" è da shock, sembra di avere a che fare con una vera e propria apocalisse sonora, creata dalla perfetta fusione dei ritmi veloci e i riff oscuri con la voce rabbiosa e feroce di Nergal. Sempre su questo stile proseguono le successive "The art of rebellion", "Inflamed whit rage" e "Pan Satyros", brani che lasciano senza fiato e non danno un attimo di pausa all'ascoltatore, impietrito da cotanta violenza. Discorso a parte meritano "Natural born philosopher" e "Christians to the lions", gli episodi a mio parere piu' riusciti del disco. Il primo è un pezzo molto elaborato, dove abbiamo un crescendo maestoso, dei più spettacolari mai ascoltati, che si placa nel bellissimo intermezzo acustico per poi ritornare al puro terrorismo sonoro. Per quanto riguarda "Christians to the lions" lascio già intuire di che genere di canzone si tratti. Da segnalare anche la sperimentale traccia conclusiva "23 (the Youth Manifesto)".

Se avete avuto una giornata no e siete molto arrabbiati per una qualunque ragione, l'ascolto di questo cd è il miglior modo per sfogare i vostri più primordiali istinti. (Sapevate che il signor Adam "Nergal" è laureato in Storia). voto 8
Dani75

Commenti: 10
  • #10

    luciferia83 (lunedì, 22 aprile 2013 21:25)

    grandi behemoth album che segna la loro evoluzione sonora

  • #9

    David76 (lunedì, 22 aprile 2013 05:19)

    Album da urlo, davvero ben fatto

  • #8

    itreinertiaout (domenica, 21 aprile 2013 23:37)

    l'unico disco dei behemeth deludente.ahime' voto con un 6/10

  • #7

    omen (domenica, 21 aprile 2013 01:30)

    ottimo disco

  • #6

    ollecra (sabato, 20 aprile 2013 17:33)

    disco non esaltante voto 5,5/10

  • #5

    sadust (venerdì, 19 aprile 2013 23:06)

    molto tecnico , ottimo disco

  • #4

    Aldus (venerdì, 19 aprile 2013 19:39)

    bubbtronic capovolgi quel 6 che è meglio

  • #3

    bubbtronic (venerdì, 19 aprile 2013 19:03)

    insomma! voto 6/10

  • #2

    sonya (mercoledì, 17 aprile 2013 00:50)

    bellissimo.

  • #1

    sven (mercoledì, 17 aprile 2013 00:16)

    molto tecnico, mi piace tantissimo 9

Chris Johnson, un nome, una garanzia in ambito metal sinfonico orchestrale. Non avrei mai immaginato che esistesse una mente così creativa per quanto riguarda la musica metal. 

Un doppio album colmo di sonorità orchestrali composti con vera maestria, tenori e soprani che ti fanno viaggiare nel mondo dei sogni per non parlare delle note melodiose e delicate che fuoriescono dalle mani di ogni singolo componente della band.

THERION!!!

Aver composto tale capolavoro in collaborazione con circa 170 musicisti d' orchestra non dev'essere stata cosa semplice. Mettere insieme ogni singola nota come pezzi di un puzzle astratto e curato sin nei minimi particolari. Signori un'opera così ricca di dettagli dolci e delicati non si trova mica facilmente. 

Il coraggio del nostro Chris sta nel fatto che, nonostante avrebbe potuto ridurre, minimizzare queste note assicurandosi un album da urlo, ha voluto rischiare pubblicando un'opera così lunga, completa e mai noiosa come se sapesse di già che questi due lavori messi in uno avrebbero reso il tutto assolutamente divino. Effettivamente se si ascolta il primo cd, ossia Lemuria, si capisce da subito che le idee sono tantissime. L'ordine in cui sono piazzate le canzoni è molto intelligente; sono una più bella dell'altra e ti trasportano a tal punto da non riuscire a smettere di ascoltarlo. 

Daltronde quando si ha di fronte un' artista di tale stampo non possiamo che elogiare tutto ciò che la sua mente partorisce in quanto, senza troppi preamboli, si deve pur riconoscere la genialità quando la si ha dinanzi. 

Il compito difficile, per quanto mi riguarda, è proprio quello di riuscire a descrivere appieno la bellezza di un qualcosa, e quel qualcosa stasera è proprio Lemuria/Sirius B. 

E' un doppio album così ben fatto che anche volendo non si riuscirebbe a trovare una minima virgola fuori posto. Ormai sono anni che posseggo tutta la collezione dei Therion e posso confermare, ascolto dopo ascolto, che ogni album è un esperimento diverso dagli altri. Ma la cosa che veramente mi fa definire Chris un genio della musica è che, oltre al fatto che una nuova uscita dei Therion è una sorpresa perchè non si sa mai cosa si va ad ascoltare, non riesce proprio a deludere in nessun modo. Da Theli in avanti è un susseguirsi di sperimentazioni assolutamente riuscite e uniche nella loro bellezza. Basti citare "Les fleurs du mal" per capire cosa riesce a fare la sua mente. Creare un album completamente in cantato francese perchè l'album stesso sono poesie di un poeta francese per l'appunto. Ma questa è un'altra recensione di un altro capolavoro.

Se una persona mi chiedesse cosa penso in sintesi di questo Lemuria io rispondo: Ascoltalo se davvero ami musica metal ed hai una mente espansiva. Dopo l'ascolto troverai tutte queste parole fondate e non esagerate, anche se può sembrarlo.  

Il mio voto è...............DAI C'E' BISOGNO DI SCRIVERLO? BUONA SERATA A TUTTI VOI VISITATORI  \m/.

TWOLFF.

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Commenti: 4
  • #4

    sonya (domenica, 14 aprile 2013 23:17)

    grandi therion

  • #3

    matteo (domenica, 14 aprile 2013 14:48)

    questo si che è un sito serio con gestori seri. Bellissima rece, grandi Therion e grandi voi raga

  • #2

    TWolff (sabato, 13 aprile 2013 05:38)

    Vero! Altro capolavoro!

  • #1

    dani75 (venerdì, 12 aprile 2013 16:28)

    caro socio con gothic kabala formano un tridente degno di elogi

Volevo già da molto tempo recensire questo album. Ma ho aspettato che si ramificasse bene nella mia testa prima di esprimerne un'opinione compiuta riguardo ad esso e a differenza evidentemente di altri; anche perché qui non si parla di una di quelle "band-meteora" che pubblicano un disco "discreto", che entra nelle classifiche con la stessa velocità di un fulmine e che, allo stesso modo, poi scompare nell'oblio. No. Qui si parla dei Behemoth, uno dei nomi della scena Death Metal che, a parere di (quasi) tutti, entrerà nella storia, a far compagnia a gente del calibro di Morbid Angel, Obituary, ecc.
E dunque non si può e non si deve essere superficiali nel giudicarli, o meglio, nell'esprimere opinioni che potrebbero essere discutibili o quantomeno tacciate di troppa leggerezza, come anche in questo posto, recentemente ho letto.

Lo dico subito, a scanso di ogni equivoco e per non essere tacciato di pavidità: questo disco al sottoscritto è piaciuto tantissimo.  Quasi più del precedente "The Apostasy", che già di suo era una mazzata incredibile per le orecchie di chi lo ascoltava. Trovo che i numerosi tagli effettuati in sede di incisione riguardo sample, orchestrazioni e compagnia varia, anche se presenti come è giusto che sia, e la scelta di ridare il giusto peso agli strumenti classici, avvalorati da una produzione per certi versi più "sporca", sia stata una decisione che abbia pagato appieno. Certo, non c'è da confondersi le idee: il suono riprodotto in "Evangelion" è targato Behemot al 100% e nessuno può discuterlo. Quello che è stato potenziato, o forse sarebbe meglio dire "estremizzato", sono le prestazioni anzitutto di Nergal, che in canzoni come "Shemhamforash" e "Transmigrating Beyond Realms ov Amenti" riesce a dare il meglio di sé, lasciando scoperte le influenze primarie della band, che anzitutto basa il proprio catalogo nel Black Metal più oltranzista, e successivamente lo plasma e lo distorce per i propri scopi virandolo verso un Death Metal pieno zeppo di tecnicismi e contaminato di umori catacombali ed oscuri. In questo senso, il lavoro alla batteria di tale Inferno credo rappresenti l'apoteosi della macchina da guerra che i Behemoth sono diventati. 
Inferno: un batterista che non ha nulla da invidiare ai vari Hellhammer e Nicholas Barker. Preciso, veloce, potente e che non sbaglia un colpo, mentore delle complesse architetture sonore qui proposte, intricate e sempre date in bilico tra una ferocia spropositata e aperture melodiche orientaleggianti che pure costituiscono una spina dorsale riconoscibilissima nel suono della band.

Questo è un disco che ha un piglio "quasi" immediato per chi è avvezzo al genere, e forse rappresenterà un "must" per gli anni a venire. Sicuramente oggi, però, è l'esempio più palese della perfezione raggiunta dalla band. Delle nove tracce proposte, nessuna rappresenta un riempimento per far somma. Ogni singolo accordo è stato studiato, messo su pentagramma e sputato velenosamente in un suo ruolo preciso, con assalti furiosi e funambolici da far girare la testa ("He Who Breeds Pestilence" e "Defiling Morality ov Black God", per esempio) ed episodi di più ampio e spettrale respiro, come "Ov Fire and the Void" lenta, pesante ed ipnotica ma non per questo meno cattiva o, per far piacere a Nergal certo, meno blasfema. Tra l'altro questa è stata la canzone scelta per fare da apripista all'intero album e il cui video è entrato nel guinnes dei primati di YouTube per quanto riguarda la velocità con cui è stato censurato, facendo sì che si nascondessero le pudenda degli attori lì impiegati, nonché dell'angelo, in verità davvero poco asessuato ed androgino, scelto come "spuntino" dai componenti della band.
Tornando però ai contenuti, posso affermare che l'apice di quanto questo disco voglia esprimere, a parere di chi scrive è raggiunto con la monumentale ed epica "Lucifer", che al di là del titolo certamente scontato e poco originale, attraverso i versi di Tadeusz Micinski, poeta polacco, genera una tensione sonora e drammatica che ha pochi, pochissimi pari e che dimostra ancora una volta il grande talento e l'originalità ormai affermate della proposta dei Behemoth.

Se però tutto questo non dovesse bastarvi per convincervi che ci troviamo di fronte ad un lavoro che ha ben pochi rivali nel suo ambito, allora non saprei che dirvi; potendovi consigliare di virare verso altri lidi. Dopotutto siamo in Democrazia, e nessuno vi impedisce di ascoltare e di godere degli ottimi, per esempio e solo a caso, Ulcerate o Decrepit Birth (che non c'entrano nulla con la proposta recensita, lo capisco bene pure io), sempreché voi, certo, non siate dei ragazzini arrabbiati e sterili e che dobbiate per forza essere selettivi, eliminando per forza di cose quanto di buono fatto finora e meritato dai Behemoth, e che penso di poter affermare con sicurezza, pienamente legittimo.
Dunque buon ascolto, e non dimenticate di alzare il volume.

Voto 7.
Dani75

Commenti: 5 (Discussione conclusa)
  • #5

    akeron (lunedì, 15 aprile 2013 23:23)

    e' un ottimo lavoro non aggiungo altro

  • #4

    realityytv (domenica, 14 aprile 2013 23:40)

    akeron concordo ma non hai dato il tuo voto.x m vale 9 e x te?

  • #3

    akeron (domenica, 14 aprile 2013 21:44)

    ottimo lavoro gandi behemoth

  • #2

    catacombs (venerdì, 12 aprile 2013 02:13)

    bel disco dopo apostasy , ovvio!

  • #1

    luciferia83 (mercoledì, 10 aprile 2013 00:00)

    ennesima fatica dei behemoth , violenza allo stato puro

Commenti: 0

A cavallo tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90 l'hard rock stava vivendo una fase di profondo cambiamento. Archiviati i gloriosi Eighties, il glam e l'hair metal cominciavano a stancare, e di lì a breve sarebbero stati spazzati via dal fenomeno grunge e dal rock alternativo; le vecchie glorie come Kiss, AC/DC, Scorpions, dal canto loro, stavano ormai perdendo colpi. Il genere, insomma, stava diventando vecchio e ritrito. Nel frattempo, tuttavia, c'erano band come Jane's Addiction, Faith No More, Living Colour che si erano posti l'obiettivo di deformare l'hard rock aggiungendo elementi di funk, psichedelia, punk, metal, post-punk, rap e chi più ne ha più ne metta, rendendolo così fresco, vivace e fruibile alle nuove generazioni: chiamatelo crossover, se volete.

Si può parlare in effetti di un dualismo fra vecchio e nuovo, fra purezza e contaminazione in quegli anni. E in effetti le nuove leve, gli esordienti, si possono dividere in due categorie: da una parte c'era chi, fedele al vecchio credo, perseverava nella tradizione stilistica del decennio appena concluso: Skid Row, e soprattutto i fenomenali Tesla sono gli esempi più felici; dall'altra parte c'era chi si accodava alle nuove tendenze e, senza rientrare in pieno nell'area crossover, tingeva il proprio hard rock di funky e elementi alternativi: possiamo citare i sottovalutatissimi Extreme ("Chi? Ah sì, quelli di "More Than Words") e, appunto, gli Ugly Kid Joe.

I nostri si formano a Isla Vista, California, nel 1989. Dopo l'ep del '91 "As Ugly As They Wanna Be" e il fortunatissimo singolo "Everything About You", inclusa tra l'altro nella colonna sonora di "Wayne's World", approdano finalmente nel '92 al primo full-lenght, "America's Least Wanted", ironico stirpiamento del modo di dire "America's Most Wanted". Ed è proprio la fortissima dose di ironia e irriverenza che dà ai Kids la giusta marcia verso il successo: dopo un decennio di rockstar autodefinitesi dei in terra, un gruppo che si definisce i "meno ricercati d'America" non può che conquistare il favore del pubblico. Ma aldilà della cazzonaggine, gli Ugly Kid Joe (all'epoca formati da Whitfield Crane alla voce, Klaus Eichstadt e Dave Fortman alle chitarre, Cordell Crockett al basso e Mark Davis alla batteria) facevano dannatamente sul serio. "America's Least Wanted" è fondamentalmente un disco hard rock, ma le soluzioni mai banali che il gruppo adotta, un buon ventaglio di influenze e la giusta dose di follia lo rendono un ottimo disco hard rock, sorprendentemente vario e maturo per un gruppo all'esordio discografico su larga scala.

Le canzoni rimandano principalmente al glam e allo street metal ("Panhandlin' Prince" e l'opener "Neighbour" in particolar modo, due fra le canzoni migliori del lotto), ma abbondano anche citazioni sabbathiane ("Don't Go"), di cui dal vivo coverizzavano spesso "N.I.B." e "Sweet Leaf", e heavy metal puro ("So Damn Cool"). Come ho detto prima, tuttavia, non di solo hard rock vive il disco: i Faith No More hanno mostrato fin dove l'hard n' heavy si può spingere, e i californiani non si tirano indietro, ispirandosi direttamente a Patton e soci in "Come Tomorrow" e in "Madman", mentre la brillante "Same Side" si butta di peso sul funk gigione. Non mancano neanche le ballatone, anch'esse mai scontate e sempre di classe: "Busy Bee" rimanda al rock alternativo, ma il pezzo forte è la splendida cover di "Cat's in the Cradle" di Harry Chapin: l'arpeggio delle chitarre ricorda un sitar, l'atmosfera si fa evocativa e gli Ugly Kid Joe ci consegnano una delle ballate più emozionanti degli anni '90. Manca all'appello la già citata "Everything About You", altro apice del disco: pedale dell'ironia schiacciato a tavoletta e vai, tutti a divertirsi come quindicenni al ritmo di questo vulcanico funk metal!

Questo disco, insomma, e il gruppo in generale avrebbero meritato più di quanto hanno ricevuto effettivamente. Oggi nessuno si ricorda più di loro, anche se all'epoca il loro momento di gloria l'hanno avuto eccome; addirittura, in moltissimi P2P come Emule o Limewire, se si cerca "Cat's in the Cradle" verrà fuori che è dei Guns, o addirittura di Kid Rock (orrore!). Non meritavano tutto questo, anche perchè sono sempre stati coerenti ed onesti con il loro pubblico, altra rarità in campo hard rock: scioltisi nel '99, ad oggi non hanno mai annunciato reunion celebrative succhiasoldi, per esempio.

Se amate gli Extreme o i Living Colour, procuratevi questo album ed amatelo!

Voto 8
Dani75

Commenti: 7
  • #7

    claurus (domenica, 14 aprile 2013 22:20)

    ottimo lavoro, molto ben curato

  • #6

    sven (martedì, 09 aprile 2013 01:42)

    invece no! e' carino, hanno avuto meno fortuna di altri gruppi, concordo con la rece

  • #5

    liciferia83 (lunedì, 08 aprile 2013 18:33)

    molto elegante e gradevole all'ascolto

  • #4

    sonya (domenica, 07 aprile 2013 21:05)

    ma perche' non chiamate la neuro?

  • #3

    Horrorscape (domenica, 07 aprile 2013 15:26)

    Chi può essere se non quel cretino di Nergal?

  • #2

    sonya (domenica, 07 aprile 2013 03:05)

    evidentemente (chi cazzo sei o come ti chiami) tu sei il solito soggetto fossilizzato, il metal e' vasto e queste perle vanno ricordate per essere tramandate ai piu' giovani, e come sputare su paikiller..........veffanculo sfigato!

  • #1

    sonya (sabato, 06 aprile 2013 02:06)

    sei divino dani75

---Peter Tägtgren è un grande compositore/produttore, e su questa risaputa affermazione nessuno potrà mai obiettare, un musicista così preparato da mantenere i suoi HYPOCRISY fedeli alle loro radici, pur rigenerandoli costantemente di album in album. Un percorso lungo quello degli svedesi iniziato nel lontano 1990, una marcia armata interessata a sviluppare un sound ben definito, inconfondibile, coerente. Tutti i dischi pubblicati in precedenza dal gruppo sono frutto di grande originalità compositiva e padronanza strumentale, un marchio evolutivo unico. Il nuovo "End of Disclosure" è la naturale evoluzione nell'evoluzione stessa, un lavoro che mette a disposizione delle canzoni composte egregiamente, ben suonate e arrangiate, estremizzazioni di alta caratura. Non è mai semplice recensire un album degli Hypocrisy, anche perché risulta impossibile paragonarli ad altri gruppi della scena metal mondiale, nessuno suona come loro e con quella intensità che li ha sempre contraddistinti.
Il punto di forza di "End of Disclosure" è la compattezza, componente con cui questi grandi musicisti tengono viva tutta l'atmosfera glaciale del disco, quell'impatto tridimensionale incatenato al corpo dell'identità musicale. Tägtgren e compagni hanno compiuto un ulteriore passo in avanti, cercando di estremizzare le parti più old-oriented, ampliando le molteplici latitudini sperimentali. C'è maggior enfasi nel tessuto sonoro, le chitarre sono sempre varie e maggiormente presenti nelle articolazioni strumentali, inoltre nei vari brani si passa spesso da riff di chiara scuola thrash ("The Eyes", "44 Double Zero" per esempio) a quelli swedish death metal ("Tales of Thy Spineless", "United We Fall", "Hell Is Where I Stay"); Horgh (Immortal) alla batteria è esemplare, chirurgico, potente, incredibilmente padrone della sezione ritmica insieme a Mikael Hedlund, mentre la voce di Peter raggiunge livelli qualitativi impressionanti. Non ci sono sbavature nel sound degli Hypocrisy, non esistono rivali dinanzi a loro. Questa band ha nuovamente dimostrato la sua grandezza, doti che sembrano veramente provenire da un'intelligenza superiore/aliena. Bellissimo l'artwork di Wes Benscoter.

Voto 8.5 TWolff

Commenti: 13
  • #13

    TWolff (mercoledì, 01 maggio 2013 15:02)

    albud54 e meno male che ci sei tu che ne capisci più di tutti sennò saremmo rovinati

  • #12

    Badboy (martedì, 16 aprile 2013 21:57)

    ma lo hai ascoltato bene? secondo me no, è un album stupendo

  • #11

    palnation1985 (martedì, 16 aprile 2013 17:21)

    a me non piace per niente voto 5,5/10

  • #10

    Kreature (sabato, 06 aprile 2013 17:45)

    Concordo con Razor, solo uno che non capisce di metal può dare 4 a questo album

  • #9

    Razor (sabato, 06 aprile 2013 06:38)

    4? caro albud54 scommetto che tu ascolti solo pop.

  • #8

    albud54 (venerdì, 05 aprile 2013 18:32)

    nikb concordo fa veramente paura:voto 4.

  • #7

    nikb (venerdì, 05 aprile 2013 00:59)

    da paura raga'

  • #6

    marvell (giovedì, 04 aprile 2013 22:33)

    gran bel disco

  • #5

    rexor (mercoledì, 03 aprile 2013 16:05)

    Ehhhh lo so'caro socio twolff,anche questa volta,mi hanno saputo sbalordire.Una band che seguo da tempo,non ha mai dato delusioni,sempre originali e unici.Anche questa volta mi hai soffiato questa recensione,ma non fa niente,per me e'come l'avessi fatta io.voto azzeccatissimo.

  • #4

    TWolff (mercoledì, 03 aprile 2013 06:32)

    Ciao socio Dani ti consiglio di ascoltarlo al più presto è davvero ben fatto

  • #3

    dani75 (martedì, 02 aprile 2013 22:39)

    non ho avuto il piacere di ascoltarlo, apprezzo molto gli hypocrisy

  • #2

    TWolff (martedì, 02 aprile 2013 20:49)

    Dimenticavo, anche stavolta ti ho battuto sul tempo. Hahaha!

  • #1

    TWolff (martedì, 02 aprile 2013 20:47)

    Caro socio Rexor, devo darti ragione, questo album è davvero bello. Daltronde abbiamo gli stessi gusti musicali. E' da avere molto presto!

I Judas Priest ritornano con questo "Nostradamus", il primo vero concept album che la heavy metal band abbia mai composto in tutta la sua prestigiosa carriera, ed esso è incentrato sulla figura dell'omonimo scrittore di profezie francese (per esteso Michel de Notre-Dame). Preferirei lasciare a voi il compito di scoprire nei dettagli la storia del concept, anche perchè non ritengo che sia l'elemento più importante di questo lavoro e rischierei di dilungarmi troppo rendendo la recensione un tantino tediosa; piuttosto, passo subito ad esporre ciò che mi ha colpito della musica, sia in positivo che in negativo. La prima caratteristica che salta subito all'occhio è la lunghezza (eccessiva?) dell'album, difatti si presenta in due cd della durata totale di ben un'ora e 42 minuti, e subito verrebbe spontaneo domandarsi come i nostri abbiano voluto impiegare l'heavy metal in così tanto tempo. Possiamo osservare una copertina molto elaborata, forse... Epica? Ciò è insolito ed in effetti non è solo l'artwork che non sembra affatto di marchio Judas, ma soprattutto la musica e l'approccio con essa che è diverso. Per carità, io sto sempre dalla parte di coloro che vogliono cambiare la solita salsa con qualcosa di innovativo, ma un'evoluzione di questo genere dovrebbe essere fatta bene e con molta cautela; eppure i Judas, lo dico chiaro e netto, con questo "Nostradamus" hanno voluto strafare tentando di costruire un album decisamente più grande di loro ed avvicinandosi molto ad un ibrido di Symphonic Heavy Metal. Così si apre questo mastodontico full-lenght con un'intro di due minuti e mezzo, "Dawn of Creation", che promette molto bene grazie alla sua atmosfera sognante, quasi onirica ed orientaleggiante, con le tastiere in costante rilievo; del tutto normale per il brano di apertura, anzi è molto piacevole. Giungiamo quindi in men che non si dica alla seconda track "Prophecy" (tranquilli, nessun track-by-track in vista, sarebbe una follia con 23 canzoni!) dove emergono finalmente i nuovi Judas: un grintoso mid tempo dall'andatura scandita e cadenzata, un Rob Halford abbastanza in forma nonostante l'età che avanza, chitarre un pò troppo "chugga chugga riffing" per i miei gusti e, dulcis in fundo, ancora le tastiere ad avvolgere l'atmosfera epica ed apocalittica del brano, che complessivamente è ricco di pathos e sicuramente apprezzabile. Ok. Ma il resto dell'album? L'altra ora e mezza? Ebbene, i JP hanno impiegato veramente male le canzoni restanti: l'album intero risulta essere lento (nonostante la determinazione che si può percepire ad ogni minuto), prolisso e piuttosto impacciato in certi frangenti, per di più non c'è nessun brano che spicca e che può eventualmente essere considerato degno di nota o destinato all'esibizione live, proprio perchè quest'abbondante ora e mezza che la band ci ha appioppato è fin troppo omogenea, diluita e allo stesso tempo intasata dalla sua pompata ed ostentata epicità. Il risultato è perciò un pentolone di brodo in cui si salvano ben pochi succosi episodi, tra l'altro quasi tutti dopo i 50 minuti ("Prophecy"; "Persecution"; "Alone"; "Visions"; "Nostradamus"; "Future of Mankind"). Sei brani ottimi o semplicemente discreti che vagano erranti nella profondità cosmica dell'album, per non parlare dell'assenza di una classica canzone-killer in stile priestiano, altro aspetto assolutamente da non sottovalutare. Ma cosa NON avrebbero dovuto fare i Judas in questo minestrone? Innanzitutto avrebbero dovuto eliminare i NOVE fastidiosi intermezzi di 1-2 minuti, composti con l'intento di creare atmosfera ma che appesantiscono solo l'ascolto degli altri brani già barcollanti di per sè, e così facendo avrebbero tolto quasi mezz'ora pressochè futile e vuota. In secondo luogo era più consigliabile accelerare qualche canzone, ovviamente non tutte perchè è giusto che si mantenga quell'alone magico e mistico che è proprio dell'album, ma alcune parti sarebbero potute essere più snelle e leggere; invece praticamente al 90% dei casi si tratta di un mid tempo caratterizzato da un gradevole assolo che però non c'entra un fico secco con la struttura solenne ed evocativa del brano. Infine, a mio modesto parere c'è un considerevole abuso di tastiere. Ricapitolando: intermezzi in gran parte o totalmente ridotti, alcuni brani snelliti e velocizzati, tastiere in parte ridotte senza snaturare la possente epicità, e di certo "Nostradamus" sarebbe stato un ottimo lavoro da quattro, se non cinque stelle. Insomma, le buone idee c'erano sicuramente e lo si può sentire ascoltando entrambi i cd (e leggendo i testi stupendi), peccato che siano state sviluppate in modo tanto approssimativo quanto ambizioso. Ma ahimè, ormai il lavoro è questo e dobbiamo tenercelo per come si presenta. Metto un 6.5, e non so nemmeno se stentato o meritato.

Dani75 

Commenti: 4
  • #4

    sodoma (giovedì, 04 aprile 2013 23:17)

    carino, ma troppo lungo a lungo andare puo' diventare palloso

  • #3

    morillo (sabato, 30 marzo 2013 01:19)

    io avrei dato un 6 ma va bene

  • #2

    impaled (sabato, 30 marzo 2013 00:46)

    carruccio, ottimi pezzi alcuni si differenziano perche' ben arrangiati ma carino come cd

  • #1

    carpatian old (sabato, 30 marzo 2013 00:22)

    indubbiamente painkiller non puo' essere mai superato, a una 10 di pezzi sono carini

Carissimi amici che ci seguite ormai da tempo (e carissimi anche i nuovi visitatori), stasera sono in vena di spolverare questo magnifico album dei The sins of thy beloved. Secondo album per la precisione (e dopo di questo purtroppo si sono, in seguito a vari problemi, persi dalla scena metal). Innanzitutto voglio premettere che il concept in questione è stato, tempo addietro, già recensito in questo blog proprio da me, ma siccome stasera lo sto ascoltando ad alto volume nella mia stanza privata, non ho potuto resistere dal condividere queste bellissime emozioni con voi. E come posso descrivere al meglio le emozioni che ti trasmettono queste song?

Intanto la opener track è qualcosa di veramente eccezionale, basti pensare che l'ingresso dell'album lo fa proprio un violino (lo strumento che adoro di più) e, chi lo suona, non può non essere elogiato per la sua maestranza oltrelimite e bravura allucinante.  Pete Johansen è un vero e proprio artista nel suonare il violino, insieme diventano un tutt'uno e, chi lo guarda suonare dal vivo, capisce che gode in modo morboso quando le note fuoriescono dal suo preziosissimo strumento. Lasciò questa band nel 2001 e lo ritroviamo per lungo tempo a esibirsi e far parte dei Tristania, altra band formidabile. Le sue incursioni nelle canzoni sono, secondo me, oltre che necessarie, indispensabili per completare quel sound gothic/malinconic/death della band. La prima traccia, lunghissima, quasi dieci minuti, ci trasmette tristezza, malinconia in alcuni tratti e tenacia e aggressività in altri.

Sono presenti cantati grown e non. Infatti i due cantanti sono anche solista e ritmico della band. Le chitarre sono al punto giusto graffianti e il ritmico è molto ben curato e notevole. Il batterista ti fa impazzire con i suoi giochi di tamburi, casse  grancasse e piatti, molto completo oserei dire. Sembra che sia seduto su un trono. Uno stampo e un suono pulito, dolce. Stupendo direi. E come non menzionare poi Anita, la vocalist che in ogni canzone ci inebria con la sua dolce voce quasi sussurrante. In alcune traccie raggiunge l'apice della "purezza". Tastiere e inserti elettronici danno poi quel tocco di classe e di "sorprese", nel senso che irrompono quando meno te lo aspetti e ti struggono l'anima con le loro note malinconiche. Insomma qua parliamo di una mistura di death/gothic metal che sembra composto come un puzzle. Ogni singolo pezzo coincide alla perfezione. Già il debut album "Lake of sorrow" era alquando malinconico e bellissimo, ma lasciatemi dire che questo, per come è stato composto, è uno di quegli album che, a mio giudizio, raggiunge quasi la perfezione. Dico quasi perchè non voglio peccare di presunzione. CONSIGLIO vivamente agli amanti del gothic e anche del death, di possedere questo album perchè è qualcosa di inspiegabile al 100%. Ci si può fare una idea ma se non lo si ascolta non si capisce bene di cosa si parla. Mi astengo dal votarlo perchè credo sia scontato.

N.B. ascoltarlo al buio e in assoluto silenzio, ad alto volume, Perpetual Desolation, che già il nome la dice lunga, ti permette di viaggiare in luoghi eterei e inesplorati dalla fantasia umana. E come se non bastasse, a chiudere il concept, una bellissima cover dei Metallica (a voi il piacere di scoprire quale), rivisitata in modo splendido, senza osare trasformarla più di tanto.

TWOLFF

Commenti: 1
  • #1

    sonya (mercoledì, 27 marzo 2013 23:25)

    ottimo disco concordo con la rece ;)

Indiscussi re del Viking-Metal, quello puro, quello che ti penetra nel cervello e ti fa vibrare i neuroni. Grandissimi maestri di questo genere musicale.

The Avenger è il primo della trilogia dei capolavori di questa band svedese (a seguire The crusher e Versus the world).

Questo è un album devastante di death metal con un fuoco vichingo che brucia dentro. Un'orgia di potenza, batteria, doppia cassa, rullanti mozzafiato. Chitarre devastanti, ritmi tribali, assassini, martellanti, e growl potente, modulato ed eccezionale del mai troppo osannato Johan Hegg.

In Avenger si ripete la magia del Death scandinavo più brutale addizionato di chitarre melodiche, che trascinano in un vero uragano di adrenalina. Tra le tracce si annoverano alcuni tra i loro cavalli di battaglia più osannati e ripetuti nei concerti: "The Last With Pagan Blood", "Bleed for Ancient Gods", la fantastica, irriverente, mozzafiato "God, His Son and the Holy Whore" e "Avenger" semplicemente vi lasceranno senza fiato. Il tutto è orchestrato dalle sapienti, paganissime liriche di Hegg.

I nostri si cimentano nel raccontare l’atmosfera di una delle tante battaglie navali combattute nel mar del Nord attraverso la violenza, la sete di sangue e il coraggio fraterno dei Berserks, feroci guerrieri vichinghi. La title-track è la più aspra. Dura e feroce nella struttura è incentrata sul tema della vendetta

Per coloro che conosco almeno un pò gli amon amarth dovrebbero acquistarlo a scatola chiusa.

Voto 9. Twolff

Commenti: 1
  • #1

    rexor (martedì, 26 marzo 2013 20:51)

    perfettamente daccordo con te socio twolff,questo lavoro sa cogliere in pieno l'essenza del viking metal.album di crescita degli amon amarth.bellissimo,distruttivo,violento,proprio come piace a me,e penso che dopo che l'avrete ascoltato anche voi,vi catturera'nella morsa senza pieta'.stupendo voto 9 per l'evoluzione intrapresa verso il death che viking.by Rexor

AAAAAAAAAAAAAaamici di Horrorscape, questo gingillino che risponde al nome di Romulus è nientemeno che il primo full lenght degli Ex Deo, band capitanata dal nostro Maurizio Iacono, conosciuto cantante dei Kataklysm.

Il gruppo nasce nel 2008 e, un anno dopo uscì per l'appunto Romulus. Da come si può udire abbiamo a che fare con un melodic/epic/death metal. L'opener track è per l'appunto Romulus, canzone che mi lasciò sconvolto per due motivi: il primo è l'alternare della voce growl e screaming del cantante che, a mio giudizio, è molto bravo in entrambi i casi. E il secondo è la tenacia, la grinta e la rabbia che ti trasmette ascoltandola. 

L'album si mantiene più o meno in questa traiettoria nelle canzoni successive. C'è anche da dire che i riff delle chitarre si avvicinano più ad un sound heavy metal.

L'attenzione va anche rivolta alle tastiere di Jonathan Leduc, che sembrano essere molto incisive nel complesso sound della band. Anche gli archi e i fiati non sono meno a questo concept, come se servissero a riempire un bicchiere quasi colmo e, comunque, di notevole importanza anche questi per poter completare quella atmosfera che, tutto sommato, è semplice e molto orecchiabile. Anzi, se non fosse per quel tocco di epicità di un concept molto "romano", si potrebbe anche paragonarli ai nostri amatissimi Amon Amarth in vesti più "soft" ed "epic".

In "Storm The Gates Of Alesia" possiamo ammirare anche l'intervento di Nergal come vocalist. 

Insomma, in tutto il complesso è un album bello e, per certi versi, anche originale; credo ci sia solo una virgola fuori posto e cioè che le chitarre, in vari punti sembrano passare in secondo piano, quando invece dovrebbero essere più notevoli e graffianti. In ogni caso, anche se alcune tracce ti catturano, mi sento di non poter superare il 7,5 come voto. TWOLFF

Commenti: 17 (Discussione conclusa)
  • #17

    TWolff (martedì, 26 marzo 2013 14:00)

    Corretta? E' lontano anni luce dalla correttezza e poi la merda profuma più di lui.

  • #16

    sonya (martedì, 26 marzo 2013 00:24)

    pezzo di merda, una persona corretta non si comporta cosi'.

  • #15

    Hammer (lunedì, 25 marzo 2013 21:05)

    Vi ha copiato anche le strisce di sangue che gocciolano

  • #14

    Angst (lunedì, 25 marzo 2013 09:25)

    INVIDIOSO! SI CREDE FURBO MA NON HA CAPITO CHE QUESTO SITO E' MOLTO MA MOLTO PIU' BELLO E COMPLETO DI QUELLA SUA PAGLIACCIATA DI BLOG CHE NON CI VA MAI NESSUNO. ANCHE I COMMENTI SECONDO ME SE LI SCRIVE LUI PER FAR VEDERE CHE LO VISITANO.CONTINUATE COSI' RAGAZZI.

  • #13

    sonya (domenica, 24 marzo 2013 23:55)

    e' un pazzo e questo e' sicuro , mi leggi?? pazzo sei pazzo! pezzo di merda, furbo!? ma cosa rexor questo e' pazzo sul serio, esaurito del cazzo.

  • #12

    sonya (domenica, 24 marzo 2013 21:47)

    pezzo di merda!!!!

  • #11

    rexor (domenica, 24 marzo 2013 15:25)

    lo sapevo che era il raccogli cipolline,quello non e'tuo modo di scrivere,per questo il socio twolff lo ha cancellato.il testina,si crede furbo,ma invece peggiora sempre di piu.

  • #10

    TWolff (domenica, 24 marzo 2013 11:57)

    E quel cretino di Nergal sonya! Clona i nomi perchè si crede furbo poverino.

  • #9

    sonya (domenica, 24 marzo 2013 01:42)

    che commento? chi cazzo e' questa? io ho semplicemente detto che sono gusti, ma l'album e' carino, chi cazzo sei?
    che usi il mio nik!!!

  • #8

    Angst (sabato, 23 marzo 2013 11:08)

    Blocco? Mah,questo termine per me è stupido. Usarlo mi da un senso di stupidità, scusate ma la penso così.

  • #7

    TWolff (sabato, 23 marzo 2013 09:27)

    Avevi già scritto che non ti piaceva, scrivere nuovamente che è un blocco era assolutamente inutile e fuori luogo.

  • #6

    sonya (sabato, 23 marzo 2013 09:14)

    e cmq mi avete cancellato il commento.avevo scritto che e' un blocco per me e avete lasciato solo il commento che non mi piace.va be fa niente raga'

  • #5

    sonya (giovedì, 21 marzo 2013 22:11)

    asgard indubbiamente e' solo questione di gusti ;)

  • #4

    Asgard (giovedì, 21 marzo 2013 10:27)

    Certo che i gusti sono davvero strani. Per me è un capolavoro.

  • #3

    sonya (mercoledì, 20 marzo 2013 21:15)

    a me non piace. sara questione di gusti!?

  • #2

    Hammer (martedì, 19 marzo 2013 15:38)

    Bellissimoooooooooooooooo

  • #1

    Angst (lunedì, 18 marzo 2013 21:54)

    Gran bel disco

Da premettere che adoro questo gruppo 'Luciferme' fino al punto di comprare tutti i loro cd,comunque Il lavoro in questione è "Cosmoradio" forse il disco più famoso del gruppo dopo l'omonimo , con Cosmoradio toccando l'apice ,con la partecipazione pure al festival di San Remo presentando la canzone "il Soffio". Ebbene dal primo impatto si nota subito la loro somiglianza e le analogie di stile con il rock dei Litfiba ma sopratutto di impronta u2..

Un rock melodico, molto orecchiabile ma al tempo stesso anche profondo, il tutto trainato dalla voce del cantante, Francesco Pisaneschi, tra l'altro anch'essa molto analoga allo stile di Bonovox. Le canzoni sfilano leggere in modo armonioso, forse il pezzo forte resta a punto il primo singolo uscito da questo album : "il soffio".. in questo pezzo veramente si tocca il punto "più alto" della melodia e della somiglianza al quartetto irlandese.. sia nel timbro di voce del cantante sia nel riff di chitarra finale, un pezzo romantico e travolgente che anche a S. Remo ebbe buoni propositi.

Più si va avanti e più si nota una cosa fondamentale : il disco non scoccia.. le canzoni non sono tutte uguali.. i testi semplici e a volte fantasiosi sono di gradevole fattura... Dopo il soffio abbiamo infatti una buona interpretazione del pezzo anni '80 "doot doot" dei Freur, proseguendo poi con un altro pezzo molto caratteristico: "figlio del vento" la "where the streets have no name" dell'album (in forma sempre e comunque molto vaga).. fino ad arrivare a "Cosmoradio", la canzone da cui prende il nome del disco, è forse la parte più "sperimentale" dell'album, qui si esce un pò fuori dalle "righe" della linea seguita dall'album, ma è solo apparenza.
Lo stile u2 è sempre dietro l'angolo, ricorda vagamente infatti gli album più sperimentali degli u2 come ad esempio "zooropa", cosmoradio cmq è una canzone che fonda con la sua elettronica anche stili come quello dei 'bluvertigo' o proprio vagamente dei 'subsonica'. Finito cosmoradio si torna sulla "terra" e dopo qualche pezzo che convince di meno si arriva agli ultimi due : "300mila perchè" e "farfalle" che concludono dignitosamente un gran album, dimostrando che questo "gruppo di Firenze" è capace di fare ottima musica di qualità restando intensi e non banali, in un genere (il rock italiano) dove di schifezze ne siamo pieni le palle!voto 8
Dani75

Commenti: 3
  • #3

    luca (giovedì, 21 marzo 2013 22:38)

    bel disco da ascoltare rilassati sorseggiando

  • #2

    anvil (sabato, 16 marzo 2013 20:24)

    ottimo cd, rock italiano molto garbato e sobrio

  • #1

    sinner (sabato, 16 marzo 2013 00:41)

    l'omonimo e' un capolavoro, ma anche cosmoradio non e' da meno

Cari amici di Horrorscape, come inizio mi sbilancio col dire che il socio Rexor, forse, avrebbe preferito recensire questo album. Essendo che entrambi, in questi giorni, ce lo stiamo assorbendo alla grande. Anche questa volta però, lo prendo sul tempo e mi prendo io il merito (e la responsabilità) di buttare giù qualche parola su questo Atlantis dei tedeschi Atrocity.

Innanzitutto scopriamo le marcature death/melodico con cantato growling molto accentuate in gran parte del disco. In alcuni tratti il rombo della batteria con le sue sfuriate la fa da padrona, scatenandosi in tecniche abbastanza notevoli. Così come le chitarre graffiano e accompagnano la tenacia del cantato. Ma c'è anche da dire che sono presenti, in alcune canzoni, sfumature elettroniche con cantato normale con tanto di qualche coro femminile in sottofondo. Possiamo anche percepire le varie e ben fatte sfacettature gothic che di tanto in tanto ci inebriano l'ascolto. Insomma mi permetto di dire che questo album è abbastanza articolato in varie sonorità che passano dal gothic death al death più grezzo.

Posso comunque citare la prima traccia Reich of phenomena e Cold black days (singolo) come quelle più significative, almeno per quanto mi riguarda, e resto del parere che non è assolutamente un album noioso e ripetitivo, anzi, ascoltandolo ti prende, riascoltandolo più volte ti soddisfa maggiormente perchè al primo ascolto può sfuggire qualche piccolo dettaglio sonoro. 

Voto 8 TWolff.


Commenti: 3
  • #3

    CorvoRossO (giovedì, 14 marzo 2013 22:13)

    direi azzeccato come album , vale i soldi spesi per averlo

  • #2

    TWolff (mercoledì, 13 marzo 2013 21:31)

    Hahaha. Troppo buono socio!

  • #1

    rexor (mercoledì, 13 marzo 2013 21:16)

    caro il mio socio twolff,mi ha battuto un'altra volta sul tempo,,hai ragione contavo a breve di pubblicare una rece,ma non fa niente,perche hai saputo cogliere l'essenza di questo stupendo capolavoro,,o tu,o io,o il nostro socio dany75,per me e'uguale.ritornando sul disco in questione,ormai da molti anni non sentivo sonorita'simili da questi atrocity,ebbene si,li ho trovati molto evoluti e ben piu tecnici degli album precedenti.che dire,un lavoro ben curato,e abilmente eseguito.Socio pioniere twolff,grande.voto 8 by rexor

(Allora: è da quando e' uscito questo capolavoro che volevo parlarne, e così mi sono finalmente deciso, ma proprio non ce la facevo più a rimanere zitto!)

Siamo agli albori del Black Metal moderno, in questo piccolo grande gioiello. Piccolo perchè ha una durata forse troppo breve, poco meno di 40 minuti, ma questo trascurabile ritaglio di tempo sa mantenersi grande, nella forma, nella tecnica e nel pensiero.

"The Apostasy", l'ottavo LP dei Behemoth, soddisfa tutto ciò che un fan della band si aspetta, ed è capace anche di trascinare coloro che solamente vogliono interessarsi a questo spicchio di limpida brutalità. Vediamo di analizzare le varie parti che caratterizzano l'ennesimo masterpiece dei polacchi.

VOCE - Nergal alla voce è perfetto. I growls sono più brutali e "profondi", ma la cosa che viene notata subito (con piacevole sorpresa) è la sovrapposizione di 50 Nergal in una volta. Per fare degli esempi, "Prometherion" e "Slaying The Prophets Ov Isa". E'... inebriante ascoltare in un botto solo una così massiccia dose di cattiveria vomitata con eleganza. Il cuore dello stile dei Behemoth, il cosiddetto Blackened Death Metal. Molto all'avanguardia direi. E diabolicamente eccellente.

CHITARRE - Un profondo inchino a Seth e Nergal, che riescono a maneggiare poderosamente e con inpeccabile maestria questi strumenti. I suoni sono potenti, è il primo aggettivo che mi è balzato in mente appena ho sentito con quale grinta e lucidità dominano ogni canzone. Non ricordo di essermi annoiato per un solo secondo di una qualsiasi canzone, nè mi sono disinteressato per qualche assolo noioso: difatti questi ultimi sono brevi ma concisi, sono vari, catturano e mi viene spontaneo applaudire al mio lettore cd ogni volta che questi assoli mi incantano (una volta l'ho fatto, e mi hanno pure visto... D'ora in poi evito). Che dire? Niente è fuori posto.

BATTERIA - Così come mi inchino al cospetto di Nergal e Seth, io mi sento in dovere di venerare Inferno. Non voglio osare troppo, ma è uno dei più bravi batteristi che vedo in circolazione. Inverosimilmente preciso come un orologio svizzero (è vecchia, lo so, ma funziona sempre); non voglio spendere più di tante parole o complimenti per questo fenomeno, vi basti sapere che sa il fatto suo e che sembra sia nato con le bacchette in mano. Più di così...

BASSO - Ecco, questa è l'unica e sola pecca dell'album. Purtroppo c'è poco spazio per questo strumento, il quale serve solo a "supportare" i vari riff di chitarra. Ed è un problema che persiste nel campo Death/Black/Blackened Death Metal. Ma che possiamo farci, i difetti ci sono sempre, ma non per questo rovinano la scena complessiva; a questo punto, meglio accontentarsi...

Ora possiamo citare le tracks che più meritano. "Slaying The Prophets Ov Isa" è un brano sparato, e il tutto si amalgama ordinatamente e progressivamente: batteria meravigliosa e tartassante, chitarre convincenti e sorprendenti, voce unica ed inconfondibile, assolo finale da urlo con tanto di cori orientali che sono da eterno applauso, e che continuano a farsi sentire con "Prometherion", altro grande picco dell'LP; immancabile la solenne "At The Left Hand Ov God", con tanto di arpeggio pulito iniziale, seguito poi da un momento di silenzio e un'eruzione di growls e cori tribali sostenuti da un imbattibile Inferno a dar contorno alla totalità. La combattiva e bellica "Kriegphilosophie", che non per niente in tedesco significa "filosofia di guerra" (wow), demonicamente ritmata; "Be Without Fear", con le improvvise irruzioni degli innovativi cori e dei famosi 50 Nergal di cui ho parlato, quasi da film dell'orrore, tant'è che la prima volta che ho li ho ascoltati (a volume 99/100, giusto per la solita tortura dei timpani) ho fatto un bel balzo sulla sedia. La stra-brutal "Arcana Hereticae", con accenni di assoli tecnici; l'originalissima "Inner Sanctum", con addirittura un pianoforte iniziale a conferire un atmosfera di tensione e una voce limpida (!) che si intreccia al growl di Nergal. Gli special guests in questo brano piuttosto discusso sono Leszek Mozdzer al piano (mi pare sia un jazzista, ma non vorrei sbagliarmi..) e Warrel Dane dei Nevermore alla voce secondaria. Passiamo quindi alla forza inarrestabile di "Libertheme" e alla brevissima "Pazuzu", quest'ultima ispirata all'omonimo demone dei venti del sud est, con testa deformata, ali di aquila, artigli di leone e coda di scorpione (avete presente la grande statua all'inizio del film L'esorcista, quella che Padre Merrin osservava con tanto timore? Ecco, quella). Concludiamo il capolavoro con "Christgrinding Avenue", brano che si conclude degnamente, disperdendo il suono a poco a poco, finchè non segue il silenzio.

10 mi pare sia il minimo per una band così acclamata e per un lavoro di questo calibro. Spero che i fans non rimarranno delusi dall'Apostasia, e mi auguro che i nuovi che si stanno avvicinando ai Behemoth apprezzino questo bel gioiello.

Dany75 

Commenti: 4
  • #4

    amon (mercoledì, 20 marzo 2013 23:56)

    grandi behemoth , non da meno e' evangelion

  • #3

    krionfrd (giovedì, 14 marzo 2013 23:29)

    questo cd e' un mazzata in piena zucca

  • #2

    ventor (martedì, 12 marzo 2013 22:59)

    brutale, potente, cattivo!

  • #1

    freedom (lunedì, 11 marzo 2013 23:08)

    potenza allo stato puro

Questi sono un gruppo musicale tedesco death metal/gothic metal/industrial metal fondato nel 1991. Lo stile del gruppo tedesco è caratterizzato dal cantato eseguito secondo gli stilemi del growling di derivazione death metal e da potenti ritmiche di chitarra a tratti thrashy, controbilanciate da un massiccio utilizzo di linee di tastiera sognanti e malinconiche, unite a un discreto uso dell'elettronica. Le liriche affrontano spesso temi esistenziali, legati ad argomenti come l'amore, la sofferenza, il binomio eros-thanatos, il senso del peccato e la persistenza dei ricordi. Believe, a mio dire, presenta molti sbalzi di sonorità, aggressivi e malinconici quanto basta. Ti carica da una parte con i riff taglienti e il cantato growling, mentre dall'altra parte ti incute malinconia, quasi a farti diventare triste e pensieroso. Confondendo così vari tipi di stati d'animo che ci accompagnano dall'inizio alla fine.Credo che questo sia un album molto ben fatto e, soprattutto, orecchiabile per tutti coloro che amano sia il gothic che il death. Perchè riescono molto bene a mescolare aggressività e "dolcezza". Voto 8. TWolff

Commenti: 1
  • #1

    dani75 (lunedì, 11 marzo 2013 22:29)

    uno dei miei preferiti concordo con la rece

Cari amici di Horrorscape, questo Infernal satanic verses ha davvero un qualcosa che ti prende (musicalmente parlando). Trovo che sia ben suonato innanzitutto perché le tastiere riescono a fondersi alla grande con le chitarre graffianti. Il cantato è curato fin nei minimi dettagli, come un bravo attore recita bene il suo copione; si hanno così parti alternanti più dure, veloci e di stampo black, mentre a volte ci si cala in atmosfere occulte di sinfonie oscure, la musica si calma per dare spazio a quelle note di tastiere cupe. Io personalmente sono stato catturato al primo ascolto, sin dall’uscita dell’album (e di anni ne sono trascorsi). A distanza di tanto tempo mi fa sempre piacere riascoltare le note di questo disco, anche se non condivido assolutamente i loro testi, in quanto mi ritengo molto credente in Dio, ma bisogna comunque non soffermarsi al primo gradino di una scala ripida, bisogna comunque salire per sapere sin dove si arriva. E questo è proprio quello che è accaduto in questo caso, non mi sono soffermato ai testi e sono andato oltre ascoltando la loro musica. Fu così che ho trovato questo album molto gradevole e orecchiabile anche per quelli che non sono soliti ascoltare questo tipo di musica. Gli do 8 come voto e vi invito ad ascoltarlo perché è davvero un gran bel lavoro di musica. E statene certi che non vi annoierete neanche per un momento mentre lo ascoltate.

TWolff 

 

Commenti: 4
  • #4

    luciferia83 (domenica, 10 marzo 2013 23:25)

    grande discone

  • #3

    sweetgirl (mercoledì, 06 marzo 2013 17:59)

    un po pesantuccio ma carino, molto orecchiabile in alcuni tratti

  • #2

    xan (martedì, 05 marzo 2013 22:53)

    ottimo disco ben strutturato

  • #1

    rexor (martedì, 05 marzo 2013 21:49)

    album dal fascino malefico,il parere del socio twollf,non tradisce mai,in effetti e'un bel lavoro anche se e'molto anticristiano,dalle tematiche,o testi,diciamo,,,,,,oscuri,,,,,,.pero'io,ho sempre e solo apprezzato,,,la buona musica e basta,,,.voto 8 ci sta' by rexor

Reduci di album prettamente quasi viking metal,gli amon amarth,con questo dirompente ,,,,the crusher,,,,danno una leggera svolta al loro stile,oserei dire ,con tendenze,piu' verso il death metal,ben consapevoli della loro ricerca del suono,riescono ad inserire riff molto piu'diretti e taglienti come non mai,e ritimiche a dir poco sismiche da far tremare la terra ad ogni nota.Un lavoro pieno,in ogni sua minima parte,compatto e massiccio.Il loro stile viking elaborato, viene solcato dalla voce del singer johan hegg che si incastona alla perfezione con l'insieme,cosi da far quasi immaginare storie, e scene narranti,di battaglie di barbari assetati di gloria e potere.Cosa dire piu di questo ennesimo capolavoro,gli amon amarth sono una delle poche realta'di viking death metal band su cui ripporre sempre fiducia,e questo lavoro non puo' mancare in una collezione metal.  Voto 8,5  by Rexor

Commenti: 4
  • #4

    ipnotik (sabato, 09 marzo 2013 00:17)

    davvero bello, molto tosto

  • #3

    ipnotik (giovedì, 07 marzo 2013 22:40)

    grandi amon amarth grande disco, pecca un po la produzione decisamente migliore quella di versus the w

  • #2

    TWolff (martedì, 05 marzo 2013 06:47)

    Socio buongustaio; album davvero eccellente. Concordo a pieno con la rece.Ci starebbe anche un 9!

  • #1

    tormentor (domenica, 03 marzo 2013 22:01)

    bellissimo album uno dei migliori a mio parere, bellissimo secondo solo a vs

Power of the Dragonflame, in breve: l’album più maturo e completo dei Rhapsody fino a quel momento. Siamo nel 2002, e il quarto album della band arriva in un clima di leggera diffidenza, dopo un debutto da favola (Legendary Tales), un altrettanto meritevole sequel (Symphony of Enchanted Lands), e un terzo album leggermente inferiore ma che si assestò comunque su buoni livelli (Dawn of Victory). La paura di pubblico e critica risiedeva nel fatto che la band potesse adagiarsi sugli allori e iniziare a sfornare dischi per accontentare casa discografica e fan, ma senza ragionarci troppo su (basti pensare che in soli cinque anni, dal 1997 al 2002, i nostri hanno pubblicato ben quattro album). Si temeva, insomma, che i friulani iniziassero ad essere coinvolti nel music biz a pieno titolo, date le vendite ben oltre la media per un gruppo metal, soddisfazione doppia poi se il gruppo è italiano. Niente di tutto questo invece si verificò. Nell’ormai consueta cornice dei dieci pezzi, i Rhapsody confermarono quanto di buono fatto con i tre album precedenti, e furono capaci anche d’inserire diversi elementi di novità. Ci fu un modesto impiego delle orchestrazioni nell’album, e un maggiore uso dei cori, che donarono al prodotto un epicità ancora maggiore rispetto agli standard della band, il solito lavoro di pregevole fattura di Turilli, mentre da segnalare una maggior partecipazione di Staropoli alle tastiere, sia in fase di accompagnamento che in fase di assolo. Prestazione da brividi per Fabio Lione, autore di una prova straordinaria e al contempo innovativa (il growl di When Demons Awakelasciò spiazzati tutti; l’interpretazione commovente di Lamento Eroico è da applausi a scena aperta, e poco importa se nei vocalizzi la sua voce ricorda quella di Al Bano). L’album è l’ultimo che vedrà in line up il bassista Alessandro Lotta, nemmeno incluso nella foto presente sul retro del cd.

Dopo la consueta intro (In Tenebris), l’album parte che meglio non si potrebbe, con un pezzo divenuto ormai un classico: Knightrider of Doom. Partenza molto serrata che raggiunge il suo acme con l’ormai leggendario ritornello, cantato da un coro possente, sostituito in sede live dal pubblico, che normalmente canta a squarciagola ogni pezzo della band. Quattro minuti scarsi che però hanno fatto capire sicuramente all’ascoltatore l’aria che tira sul disco. Nemmeno il tempo di rifiatare, che il caldo vento del potere della fiamma del drago ci riporta di nuovo in sella al destriero a folle velocità. La title track parte con un riff nervoso e serrato, per sciogliersi -ancora una volta- in un ritornello che definire epico è troppo, davvero troppo riduttivo. Cala il ritmo con la traccia successiva, ma non la qualità, perché si tratta -probabilmente- del pezzo più conosciuto di questo album, sto ovviamente parlando di The March of the Swordmaster, un mezzo tempo che davvero scatenerà in voi, vili marrani, la voglia di brandire la spada e andare ad infilzare orchetti in giro per le terre incantate. Partenza con violino, e flauto sui quali s’innesta -magistralmente- il resto della band. Il sigillo lo mette Lione con la solita potenza. Sono i pezzi come questo che mi rendono fiero di ascoltare power. Ancora il violino ad aprire When Demons Awake, ma l’atmosfera è radicalmente mutata rispetto al pezzo precedente, si respira un’aria stantia, un lezzo mortifero, un’atmosfera angosciosa espressa divinamente dal riffing di Turilli e dal growling di Lione. La band si presenta in una veste insolita in questo pezzo, e dire che non si sia comportata in maniera egregia anche in questo ambito decisamente più aggressivo rispetto ai suoi standard sarebbe un delitto. L’atmosfera angosciosa continua con Agony Is my Name, altro pezzo costruito sulla velocità, e al solito molto riuscito. Si spengono le luci sul palcoscenico, solo un pianoforte e la sagoma -e la criniera- di una persona: è il momento diLamento Eroico. C’è davvero poco da dire, se non che dovete ascoltare assolutamente un pezzo del genere. Dal vivo si respira un’atmosfera magica durante questa canzone, provare per credere.Steelgods of the Last Apocalypse è un altro pezzo di pregevole fattura (adoro Turilli su questa canzone), e insieme all’altrettanto valida The Pride of the Tyrant formano una doppietta di alto livello. Siamo arrivati all’ultima traccia, e già a voler valutare il prodotto fino a questo punto, dovremmo attenerci su una valutazione alta, ma come si dice...the best is yet to come...per cui ecco la proteiforme Gargoyles, Angels of Darkness a deliziare anche i palati più fini. Questa è classe signori, classe cristallina. Venti minuti di cambi d’atmosfera e di soluzioni, il tutto dominato dal gusto per la buona musica.

Power of the Dragonflame, come detto in apertura, è per me il disco più maturo della band fino a quel punto. Un gruppo che finalmente, nel 2002, prende realmente coscienza delle sue capacità, e le sfrutta appieno su questo album vario e raffinato. Un prodotto da avere, senza dubbio.

Voto 9. TWolff 

Commenti: 5
  • #5

    TWolff (mercoledì, 06 marzo 2013)

    Concordo Metalmaniac, quando ce vò ce vò!

  • #4

    Metalmaniac (mercoledì, 06 marzo 2013 08:03)

    yurusakihurisku datti all'ippica che fai prima, la musica metal non fa per te a quanto vedo.

  • #3

    Metalmore (sabato, 02 marzo 2013 17:20)

    Cheeeeeeeee? Si vede che di musica c'è gente che non ne capisce un tubo. Una realtà come i Rhapsody disprezzata in questo modo?Mah! Il mio giudizio è 10 altrochè.

  • #2

    yurusakihurisku (sabato, 02 marzo 2013 11:02)

    Rhapsody nooooooooooooooo che mi tocca vedere...
    Band orrenda soprattutto che e' di stampo made in Italy ancora piu' fastidiosoGruppo che proprio non condivido.giudizio 0

  • #1

    wod1001 (venerdì, 01 marzo 2013 23:57)

    grande disco

La pazienza si sa, è la virtù dei forti e per ascoltare nuovamente un disco da studio degli Iron Maiden con alla voce Bruce Dickinson ce n’è voluta veramente tanta: sei anni d’attesa. Circa un lustro è stato infatti il periodo che abbiamo aspettato perché Bruce prestasse nuovamente la sua ugola e si riappacificasse con Steve Harris. Tutto questo però a discapito del fin troppo bistratto Blaze Bayley, che però senza prendersela troppo, finita l’avventura coi Maiden, ha intrapreso la carriera solista. A ritornare all’ovile non è stato solo il mitico vocalist: anche Adrian Smith ha seguito le La pazienza si sa, è la virtù dei forti e per ascoltare nuovamente un disco da studio degli Iron Maiden con alla voce Bruce Dickinson ce n’è voluta veramente tanta: cinque anni d’attesa. Circa un lustro è stato infatti il periodo che abbiamo aspettato perché Bruce prestasse nuovamente la sua ugola e si riappacificasse con Steve Harris. Tutto questo però a discapito del fin troppo bistratto Blaze Bayley, che però senza prendersela troppo, finita l’avventura coi Maiden, ha intrapreso la carriera solista. A ritornare all’ovile non è stato solo il mitico vocalist: anche Adrian Smith ha seguito le stesse orme, affiancandosi così a Dave Murray e Janick Gers e dotando i Maiden di ben tre chitarre! Saziati dall’averli visti di nuovo on stage con il tour dell’anno scorso, ecco arrivare il dessert, il dolce che ci solleticherà l’appetito: un fiammante disco degli Iron Maiden! La produzione è toccata a Kevin Shirley, convocato dallo stesso Harris dopo che aveva sentito il suo lavoro con i Silverchair. “Brave new world” parafrasa un racconto del guru psichedelico Aldous Huxley, quasi a voler introdurre l’ascoltatore in una nuova e colorata visione musicale, abitata dal mostriciattolo Eddie. La prima cosa che ha fatto ogni buon fans, è cercare di paragonare queste dieci canzoni con il repertorio precedente. In effetti sforzandosi si potrebbero trovare dei paragoni tra “Brave new world” e la passata discografia, ma sicuramente questo  lavoro si potrebbe collocare idealmente tra “Somewhere in time” e “Seventh son”. Dickinson è in piena forma e la sua estensione vocale raggiunge gloriose vette, mai raggiunte in “Fear of the dark” e “No prayer for the dying”. Toni epici, duelli-insegumenti tra voce e chitarre, galoppate di basso: sono questi i fondamentali di “Brave new world”. Il primo singolo estratto corrisponde anche alla prima traccia “The wickerman”, una canzone per certi versi classica nel suo stile, così come la battagliera “The mercenary” e la NWOBHM “The fallen angel”. “Ghost of navigator” e “Out of the silent planet” possiedono toni molto epici, mentre “Brave new world” mischia il folk con un suono prog-rock. “Blood brothes” è arricchita da strumenti classici, un’opera di Harris che ha voluto ricordare così il proprio padre recentemente scomparso. “Dream of mirrors” e “The nomad” con i loro nove minuti di lunghezza producono un effetto quasi ipnotico. L’ultll’anno scorso, ecco arrivare il dessert, il dolce che ci solleticherà l’appetito: un fiammante disco degli Iron Maiden! La produzione è toccata a Kevin Shirley, convocato dallo stesso Harris dopo che aveva sentito il suo lavoro con i Silverchair. “Brave new world” parafrasa un racconto del guru psichedelico Aldous Huxley, quasi a voler introdurre l’ascoltatore in una nuova e colorata visione musicale, abitata dal mostriciattolo Eddie. La prima cosa che farà ogni buon fans è cercare di paragonare queste dieci canzoni con il repertorio precedente. In effetti sforzandosi si potrebbero trovare dei paragoni tra “Brave new world” e la passata discografia, ma sicuramente questo  lavoro si potrebbe collocare idealmente tra “Somewhere in time” e “Seventh son”. Dickinson è in piena forma e la sua estensione vocale raggiunge gloriose vette, mai raggiunte in “Fear of the dark” e “No prayer for the dying”. Toni epici, duelli-insegumenti tra voce e chitarre, galoppate di basso: sono questi i fondamentali di “Brave new world”. Il primo singolo estratto corrisponde anche alla prima traccia “The wickerman”, una canzone per certi versi classica nel suo stile, così come la battagliera “The mercenary” e la NWOBHM “The fallen angel”. “Ghost of navigator” e “Out of the silent planet” possiedono toni molto epici, mentre “Brave new world” mischia il folk con un suono prog-rock. “Blood brothes” è arricchita da strumenti classici, un’opera di Harris che ha voluto ricordare così il proprio padre recentemente scomparso. “Dream of mirrors” e “The nomad” con i loro nove minuti di lunghezza producono un effetto quasi ipnotico. L’ultima “The thin line between love and hate” è forse la meno esaltante dell’intero disco, ma è anche un pretesto per permettere a McBrain di fare un po’ d’autoironia. Grande Dickinson e grandi Iron Maiden. voto 9.5

Dany75 

Commenti: 6
  • #6

    TWollf (martedì, 05 marzo 2013 15:33)

    E' vero che sono 6 gli anni nonediamy, ma il periodo va dal '93 al '99 e non dal '94 al 2000.

  • #5

    nonediamy (giovedì, 28 febbraio 2013 23:34)

    Grande album,concordo ma voglio sottolineare al recensore di questo disco che gli anni di attesa sono stati 6 considerando che Bruce lascio' gli Iron dopo a real live dead one nel lontano 1994.e Brave New World e' del 2000 se non erro...voto 9 pieno.

  • #4

    brucebruce (giovedì, 28 febbraio 2013 21:57)

    up the iron!

  • #3

    rexor (mercoledì, 27 febbraio 2013 21:44)

    concordo con il collega twolff,grande capolavoro,a mio avviso uno dei miei preferiti,,,,maestri senza tempo.

  • #2

    TWolff (mercoledì, 27 febbraio 2013 08:09)

    An excelent album, this is the best of Iron Maiden

  • #1

    alex (martedì, 26 febbraio 2013 22:17)

    secondo il mio punto di vista si colloca come uno deigrandi dischi di qualità, al di là dei giudizi della critica. Ad ogni modo grandissimi Iron Maiden.

Cari amici di Horrorscape, non è mio solito recensire Ep ma questo in questione merita due parole perchè, oltre al nome della band che ormai è una garanzia, è davvero un capolavoro.

Intanto c'è da dire che è stato fatto davvero di lusso. Il cd è nero in stile 33 giri. Il fondo è completamente nero e la parte superiore, oltre ad essere nera anche questa, è delineata dalle righe che, come nei dischi, separa le varie tracce. Mai sino ad ora avevo tenuto in mano un simile cd. Davvero bellissimo da vedere.

La copertina è qualcosa di veramente stupendo, come potete vedere nella foto sovrastante.

Quindi potrete immaginare che, musicalmente, non potrebbe mai essere una delusione....

Intanto l'opener track è la stessa Lichtgestalt, che come credo già sappiate è una delle canzone più belle che Tilo Wolff abbia mai composto.

(Chi non la conosce andasse subito ad ascoltarla).

La seconda traccia è la stessa Lichtgestalt remixata dagli Snakeskin (Altro gruppo formato da Tilo). Questa è molto ben ritmata e mixata in un modo quasi irriconoscibile, uno stile molto bizzarro e aggressivo con degli inserti di tastiera molto simpatici.

La terza canzone "Unerkannt" ha un inizio di tastiere molto malinconico  e anche il cantato è straziante direi, man mano che la canzone va avanti si aggiungono sempre più suoni di tastiere che, con l'eco di Tilo e della sua compagnia-tastierista Anne Nurmi ti penetrano nell'anima. La canzone dura quasi otto minuti ma è verso la fine che si inserisce la batteria e la voce diventa più arrabbiata, come uno sfogo per poi placarsi e ritornare a quelle melodie tristi che troviamo all'inizio. Da notare che questa traccia non è presente nell'album Lichtgestalt che divenne pubblicco dopo l'uscita di questo. Anche la canzone successiva non è presente. Questa ha un carisma che va via via crescendo, introducendosi dapprima con sinfonie melodiche e cori al femminile che si aggiungono alla voce aggressiva di Tilo Wolff. Al ritornello poi duettano entrambi fino ad assumere un ritmo più veloce. La quinta canzone, anche essa un inedito (quindi 3 su 6) inizia con una chitarra aggressiva seguita dalla batteria; questa si alterna alla voce graffiante di Tilo. Una canzone decisamente aggressiva con la chitarra che risalta su tutto seguita dal ritmo della batteria e del cantato che cambia di tanto in tanto.

Per finire, CHIUDE IN STRABELLEZZA UN EP FATTO CON I FIOCCHI DALLA PRIMA ALLA QUINTA CANZONE:

"SIEHST DU MICH IM LICHT?"

CANZONE PRESENTE NEL CAPOLAVORO CHE RISPONDE AL TITOLO DI "STILLE". Chi conosce bene questa canzone rimarrà completamente spiazzato dalla versione presente in questo minialbum. Non riesco neanche a descrivere la tenacia, il carisma, l'aggressività e chi più ne ha più ne metta. In alcuni tratti Tilo assume la voce growl che è davvero un toccasana in tutto lo stile della canzone che già dall'inizio ci sbalordisce con un riff di chitarra con i fiocchi. Tra l'altro questa è la versione "Atrocity ReVersion" che la dice lunga già in partenza. Ragazzi questa è davvero una chiusura sublime del concept.

E comunque come dicevo all'inizio qui abbiamo a che fare con un Ep che, a mio avviso, è molto ricco e curato. Per chi ama i Lacrimosa non può non possederlo, anche se non si è collezionisti e fan sfegatati come me, credo che questo, insieme a Stille, inferno, elodia e lichtgestalt, bisognerebbe acquistarli.

VOTO 10.TWOLFF. 

 

Commenti: 2
  • #2

    goticgirls (giovedì, 28 febbraio 2013 22:46)

    cd molto carino

  • #1

    Razorrr72 (mercoledì, 27 febbraio 2013 07:01)

    A dir poco eccellente. Concordo con la rece

La band fiorentina capitanata da Steve Sylvester, insieme al produttore Neil Kernon (già in precedenza alle prese con mostri sacri quali Judas Priest e Nevermore) si chiudono in studio per sfornare l'ennesimo lavoro.
"Panic" è il risultato di un anno di fatica, ma ne esce fuori il disco definitivo della Band.
La cosa che colpisce subito i fan di vecchio stampo è che, unito alle sonorità degli inizi, si sono aggiunti particolari musicali più originali ed estremi. I Death Steve Sylvester danno libero sfogo alla loro fantasia, creando alle volte atmosfere gotiche, cosa che gli riesce bene fin dalla notte dei tempi.
Con l'inizio della nuova era anche i Nostri giocano con l'elettronica, ma, a differenza di altri gruppi, non ne diventano schiavi.

"Paraphenalia" apre il nostrano cd: non è altro che una recitazione del mitico regista Alejandro Jodorowsky. Bellissima "Let the Sabbath Begin!!" forse una delle hit più riuscite del Vampiro, con cori fatti apposta per essere accompagnati dai fun durante qualche concerto.
Arriva dopo "Hi tech-Jesus" primo singolo di Panic e canzone dedita ad un heavy metal più "elettronico".
Canzone con un intro che sa di orientale è "Lady of Babylon" (per l'appunto). Questo pezzo fa capire alla perfezione come le tastiere di Oleg Smirnoff si sposino alla perfezione con il sound dei Death SS, sempre molto originale.
"The Equinox of the God" viene aperta dal suono del basso per poi sfociare in un atmosfera esotica con ritornello abbastanza insolito. "Ishtar" può definirsi un pezzo che si avvicina all'industrial metal alla Rammstein, colpisce molto per la somiglianza a qualche canzone dei tedeschi, o forse è meglio dire che qualche canzone dei Ramm assomigli a "Ishtar".
Pezzi davvero belli sono "The Cannibal Queen" e la cover degli Agony Bag "Rabies Is A Killer" col ritornello che si estende in pratica per tutta la canzone. Song di totale approccio electro-metal è "Hermaprodyte", che precede un altro outro recitato dal regista Jodorowsy, "Auto Sacramental".
Chiude l'album la titletrack "Panic" che parte con sonorità alla Black Widow. Pezzo potentissimo che si avvicina molto a "Let the Sabbath Begin!!".

E così si chiude il cerchio magico di Steve, ne esce fuori uno dei cd horror metal più belli del nostro paese e non. Quest'album potrebbe storcere il naso ai fan di vecchia data per gli inserti elettronici, ma si sa, si deve essere all'avanguardia. Anche a me all'inizio non è piaciuto ma, ascoltandolo più volte, non farete peso di questa novità.
Poi dicono che in Italia il metal non è suonato bene, ma se ascoltano solo i Lacuna Coil!
Ma per piacere... voto 8
Dany75

Commenti: 3
  • #3

    megatherion (martedì, 26 febbraio 2013 00:22)

    ottimo disco forse il migliore

  • #2

    Twolff (giovedì, 21 febbraio 2013 06:24)

    Ma se abbiamo (giusto per citare una sola band) i Graveworm che, secondo me, sono un vero e proprio orgoglio italiano.
    Comunque bell'album socio.

  • #1

    freedom (mercoledì, 20 febbraio 2013 22:45)

    si e' vero nel campo metal siamo sottovalutati, album come panic e molti altri sono degni di rispetto.

Ed eccoci a Seasons in the Abyss,grandissimo classico dei grandissimi Slayer,gruppo Thrash della Bay Area.

Considerato da molti fan come l’ultimo grande album del combo losangelino,è suonato dalla line-up classica degli Stayer,con Tom Araya a basso e voce,i due axe-men Jeff Hannerman e Kerry King,e il mitico Dave Lombardo dietro le pelli.Questo è inoltre l’ultimo album del gruppo in cui lo troviamo alla batteria infatti sostituito in seguito dal batterista dei Forbidden elemento validissimo senza dubbio , ma non hai livelli stellari di Dave, rientro in formazione con crist illusion.

Mettiamo subito in chiaro una cosa:QUESTO ALBUM E’ UNA BOMBA.Ogni canzone,ogni riff,sprigiona emozioni da tutti i pori.Si parte con War Ensemble,una delle loro migliori canzoni di sempre,per poi trovare pezzi che hanno fatto la storia come Blood red,Spirit in Black,Hallowed Point,e la mitica conclusiva Seasons in the Abyss..Ma fare una descrizione di ogni canzone sarebbe inutile per farne capire la grandezza.Menzione speciale per la Title Track:qui secondo me raggiungono il loro apice espressivo musicale.

Ogni membro è perfettamente al suo posto:Araya è molto espressivo e incazzatissimo,King e Hannerman tritano riffs e assoli da paura,e Lombardo è indescrivibile…un vero mostro,secondo me il migliore sulla terra,con la sua tecnica,creatività e velocità.

Non siamo di fronte ad un disco tritatutto come Reign in blood.Qui infatti le composizioni sono più lente e ragionate,anche se la violenza musicale non manca.

Dopo Reign in blood il loro disco migliore.COMPRATELO SE NON CE L’AVETE.un capolavoro assoluto. voto 9

Dany75

Commenti: 3
  • #3

    ToM (venerdì, 22 febbraio 2013 16:12)

    SLAYER UN MITO , UNA RELIGIONE \m/

  • #2

    CATHARIST (mercoledì, 20 febbraio 2013 22:47)

    Mi piace pensare che questo sia il disco della maturità. Non inferiore a Reign e a South ma non per questo superiore. Si tratta di gusti individuali. Ottimo!

    "In the depths of a mind insane
    Fantasy and reality are the same..."

  • #1

    BRUTALTHRU (mercoledì, 20 febbraio 2013 22:30)

    GIOIELLO...GRANDI SLAYER

“Trash” è il disco con cui Alice Cooper si rilancia definitivamente dal punto di vista commerciale, tornando ad ottenere il (meritato) successo di pubblico che già gli aveva arriso nella prima metà degli anni ’ 70 grazie a dischi come “Killer”, “School’s Out” e “Billion Dollar Babies” (culminato alla posizione # 1 in America nel 1974).

Regalandoci pezzi memorabili creati ad hoc per inondare l’etere, quest’opera incarna alla perfezione la seconda giovinezza del grande incantatore sintetizzando la sua ritrovata vena compositiva nell’ eclatante singolo “Poison”, una hit song presente nelle Top 10 di tutto il globo. Dopo due granitici album come “Constrictor” (1985) e “Raise your fist and yell” (1986) che potremmo definire prove generali per un capolavoro, il rocker di Detroit decide di fare le cose in grande: affiancato da artisti d’eccezione quali Steven Tyler, Joe Perry, Steve Lukather, Richie Sambora, Jon Bon Jovi e Joan Jett, il leggendario cantante dà alla luce un disco ad alta gradazione rock equamente diviso fra sferzate di irrefrenabile energia ed una propensione alla melodia veramente sopraffina. Il cocktail funziona a meraviglia e ciò che fornisce una marcia in più all’album è da ricercarsi nelle scelte stilistiche dettate dalla magniloquente produzione del demiurgo Desmond Child, senza dubbi di sorta autore e produttore principe della scena a cavallo fra gli anni ’80 e ‘90.

  A distanza di quasi tre decenni dalla sua uscita sul mercato possiamo individuare in “Trash” un’opera in grado di competere senza timori reverenziali con la produzione degli anni ’70 targata Alice Cooper: è proprio grazie ad alcuni slanci compositivi presenti in questo platter che la figura di Vincent Fournier ha ottenuto un rilancio importante per la propria carriera, coinvolgendo nella propria musica una generazione che rischiava seriamente di non beneficiare del suo talento. I critici musicali etichettarono il songwriting dell’album come orientato ad un “less gore more whore” (meno sangue, più sesso), notando come la scelta stilistica di Alice si fosse orientata verso tematiche più vicine a quelle trattate da glam–bands anni ottanta quali Motley Crue, Ratt e Bon Jovi, piuttosto che alla sua precedente discografia, colma di riferimenti agli horror movies. L’osservazione è opinabile, dato che il cantante aveva già percorso simili strade in album memorabili come il già citato “Billion Dollar Babies” e “Muscle of love”, ma tutto sommato appare discretamente calzante: pur non trattandosi di un campo assolutamente nuovo per lui, è innegabile che il cocker di Detroit abbia decisamente puntato su argomenti inerenti al sesso, componendo vere e proprie canzoni a tema (vedi “Spark in the Dark”, o “Bed of Nails”).
Oltre alla già citata “Poison”, “Trash” si ricorda per hits che sono entrate di diritto fra le grandi canzoni del rock: ne sono un fulgido esempio “House of fire” (impossibile non rammentarne il ritornello), le graffianti “Spark in the dark” e “Bed of Nails”, “Only my heart talkin’”, ballad dolce ed elegante, “Why trust you” e “This maniac’ s in love with you”.

Una curiosità: della sensazionale e spettacolare tournee di supporto al platter (con i Great White in qualità di opener) si ricordano due date memorabili: una alla Wembley Arena di Londra e l’altra allo Hallenstadion di Zurigo, colmo fino all’inverosimile. Gli anni sono trascorsi impietosi per molte produzioni anni ’80, ma “Trash” resta un album da possedere a tutti i costi, che ancora oggi colpisce al cuore l’ascoltatore cullandolo in un caldo e sensuale abbraccio.

Voto 8,5 Dany75

Commenti: 4
  • #4

    sodom666 (domenica, 17 febbraio 2013 22:46)

    molto ben suonato, molto piecevole ascoltarlo...ottimo disco concordo con la rece

  • #3

    merbit (giovedì, 14 febbraio 2013 20:45)

    grande cooper, ascolto sempre volentieri questo capolavoro

  • #2

    velvet (mercoledì, 13 febbraio 2013 23:15)

    proprio vero grande pietra miliare, un gioiello che ognuno dovrebbe avere

  • #1

    TWolff (mercoledì, 13 febbraio 2013 09:11)

    AAAAh, i tempi andati. Mi sono scervellato con questo album all'età di 8 anni. Magnifico direi.

Cari metallari maledetti, la trilogia di album “soft” la concluderò con questo meraviglioso “If_then_else”. Dopo “The division bell” e “No prayer for the dying”, album stupendi, non potevano mancare loro: i The Gathering.

Non so quanti di voi abbiano ascoltato questo meraviglioso album, e soprattutto a quanti di voi piace viaggiare nel gothic dolce, melodico ed emozionante. Questo concept, del quale mi innamorai al primo ascolto, oltre alla musica che ti cattura come in una ragnatela, ha un’altra arma potentissima: Anneke  van Giersbergen. La sua voce è davvero bellissima. Ti affascina ma in un modo morbosamente delicato. Personalmente in poche cantanti donne ho conosciuto tale bravura.

Partiamo dal presupposto che la musica dei The gathering va saputa comprendere e, soprattutto, si deve essere amanti del genere, altrimenti è meglio non ascoltarne neanche una sola traccia.

(Da non dimenticare il fantastico duetto di Anneke con Sharon den Adel – cantate dei Within Temptation – della canzone “Somewhere” presente nel live dei Within “Black simphony”).

Chiusa parentesi posso solo invitarvi all’ascolto di questo If_then_else perché, a differenza degli altri album, secondo me, non pecca di una virgola; sin dall’opener track possiamo catapultarci in questo universo saturo di emozionanti melodie. La seconda canzone presenta un ritmo più veloce rispetto alle altre. Ma con l’arrivo della terza, Amity, cominciamo a sognare davvero. Il basso e la batteria sono molto in evidenza, così come si inseriscono le tastiere, in modo sorprendente.

Devo dire che, ascoltandolo proprio in questo momento, mi rendo conto di quanto sia malinconico questo album. Ma dall’inizio alla fine, non si riesce a stopparlo perché ti prende veramente.

Di tanto in tanto, si udiscono assoli di chitarre che fanno irruzione seguiti da tratti di tastiere fortemente gotiche. Sinceramente è un po’ difficile poter descrivere al pieno queste canzoni, l’unica cosa che posso consigliarvi è quello di ascoltarlo, per chi non l’abbia ancora fatto, attentamente e di lasciarsi trascinare. Vi assicuro che non ho mai ascoltato,fino ad ora, un album così malinconico e maledettamente ben fatto. Ragazzi è da ascoltare assolutamente e, per gli amanti del genere, da avere nelle proprie collezioni di cd.

VOTO 9,5

TWOLFF 

 

Commenti: 3
  • #3

    francy (martedì, 19 febbraio 2013 22:02)

    adoro questo album, almeno una volta al giorno lo ascolto :)

  • #2

    OverTheTop (sabato, 09 febbraio 2013 15:40)

    E' vero, è un album formidabile, lei poi è unica.

  • #1

    WallFire (venerdì, 08 febbraio 2013 21:29)

    Gran bel disco!!! Mi fa piacere vedere che ci sono dei buongustai ancora in giro.

Cari amici ascoltatori e lettori di Horrorscape, innanzitutto vi voglio anticipare che, i Lacrimae Charontis, si sono formati nel settembre del 2011. Se visitate la nostra pagina delle news, potete trovare l'intervista fatta da noi al leader della band: Giuseppe "grezzmetal" Laginestra. 

Gli altri componenti della band sono: JENA - BASSO,  MATTHEW BLADE - BATTERIA, WAR - CHITARRA E SHAMAN KING - TASTIERA.

Da premettere che il loro primo full lenght album sarà presto pubblicato (attualmente sono al lavoro, come potete leggere nell'intervista) in attesa su YouTube potrete ascoltare qualche loro canzone (io le sto ascoltando proprio in questo istante).

Dall'ascolto possiamo subito dedurre che i nostri sono una Horror-Metal band. 

C'è da dire che, nonostante io personalmente non sia amante del genere, la loro musica ti prende e ti incuriosisce già al primo ascolto.

La voce  di Giuseppe, a mio modesto parere, è molto azzeccata al genere musicale; si addice alla grande alle cavalcate della chitarra. Ha comunque un tono articolato, dal cantato rauco alle grida quasi stridule. Direi che ha uno stile di cantato abbastanza originale. 

La chitarra presenta un suono "grezzo" al punto giusto, alternandosi tra cavalcate e riff abbastanza avvincenti con tendenze quasi black.

E anche il batterista e il bassista si coordinano in modo molto unito a tutto lo stile musicale. Così come i suoni oscuri delle tastiere si inseriscono in modo giusto al tutto.

Comunque mi sento in dovere di aggiungere che, nonostante i miei modesti pareri, i vari generi musicali (che siano heavy, death, black ecc...) vanno innanzitutto compresi, e in secondo luogo giudicati per quel singolo album di quella singola band. E' inutile fare paragoni perchè ogni musicista per me è un'artista, e in quanto tale, originale in ogni caso.

E' comunque da apprezzare sia una band emergente, perchè ci si mette in gioco mostrando la propria arte e offrendo la propria fantasia, (che sia sotto forma di musica, di scrittura di dipinti e quant'altro), e sia anche un gruppo di persone che propongono comunque un genere musicale che non è all'avanguardia rispetto ad altri. L'horror-metal appunto, di sicuro non verrà seguito come l'heavy il death o l'hard rock, ma è comunque un genere particolare; e come tutte le cose particolari ci vuole un minimo di sforzo per cercare di apprenderli appieno e diventarne amante.

Come scrissi all'inizio appunto, questo genere, anche se non ne sono amante, lo ascolto comunque quando capita e cerco di immedesimarmi del tutto. Basti citare solo il nostro grande maestro italiano Steve Sylvester.

 Per quanto mi riguarda i Lacrimae Charontis le carte in regola le hanno, come secondo me hanno anche tante capacità e idee. L'originalità non manca quindi bisogna attendere l'uscita del loro primo full album per potere dare un giudizio più completo. In attesa vi consiglio di ascoltare le loro 4 tracce e cominciare già da subito ad apprezzare questa band che in futuro, chissà, potrà anche regalarci dei veri capolavori senza tempo, ossia quelli che non tramonteranno mai.

Per quanto riguarda il voto, non mi sento di darne uno perchè, come dicevo prima, ascoltare soltanto 4 tracce è come ascoltare metà dell'opera o meno e, di conseguenza, credo non sarei obiettivo dando un 7 o un 8. Posso comunque affermare che, come avrete potuto leggere in queste modeste poche righe, i miei giudizi sono più che positivi, quindi, per ora, non c'è altro da aggiungere..... TWOLFF. 

 


Commenti: 4
  • #4

    Twolff (venerdì, 22 febbraio 2013 14:49)

    Scusa per la svista, ricordavo male!

  • #3

    Grezz (venerdì, 22 febbraio 2013 11:13)

    Siamo di Foggia non di Lecce !!!!

  • #2

    TWolff (martedì, 12 febbraio 2013 06:28)

    Lecce

  • #1

    sonya (lunedì, 11 febbraio 2013 22:16)

    devo ascoltarli, di dove sono?

Carissimi amici eccovi un'altra perla presente nella mia ampia discografia metal. Si lo so gli Iron maiden, di tanto in tanto, meritano di essere nominati ed elogiati; parliamo quindi di una delle band più influenti della storia dell'heavy metal degli ultimi 30 anni (e anche più).

Diciamoci già da subito che questo "no prayer for the dying" è un album davvero gradevole sotto tutti i punti di vista. Alcuni lo criticano e ne parlano davvero male (gggrrrrrrrrrrrrrrrrrrr), ma per quanto mi riguarda resta uno dei concept più belli della loro carriera. Predecessore, tra l'altro, allo stupendo "Fear of the dark".

Questo di cui vi parlo oggi è l'ottavo album che hanno composto. Qualche mese prima che uscisse quest'album, Bruce Dickinson ha esordito con "Tattoed millionaire" (album molto carino e soft), tant'è che la mitica canzone Bring Your Daughter...To The Slaughter, forse la più bella dell'intero lavoro, è stata composta per intero dallo stesso Bruce, e doveva inserirla nel suo album solista. Ma Harris gli ha tassativamente imposto che in realtà la canzone doveva fare parte di No prayer for the dying. E così è stato alla fine. Comunque questa canzone, ad oggi, è il singolo più venduto della loro lunga carriera. La versione originale è stata la colonna sonora di Nightmare 5, in seguito Harris, dopo averla ascoltata, ha obbligato il singer a portarla in seno agli Iron Maiden.

Tra l'altro in questo album entra a far parte della band Janick Gers, mentre Hooks in you è stato scritto da Adrian Smith, come single troviamo anche Holy smoke e Run  Silent Run Deep. Nella versione rimasterizzata dell'album, la figura del becchino non compare. Questo splendido album ha venduto circa 3 milioni di copie in tutto il mondo. E cos'altro potrei aggiungere? Personalmente possiedo tutti gli studio album della band e, come loro fan sfegatato, posso solo affermare che questo è uno dei miei album preferiti, insieme a Brave new world e Somewhere in time. Ma ogni album comunque ha la propria bellezza, questo lo adoro perchè è delicato. Alla prossima METALLER!!!

VOTO 9

TWOLFF. 

 

Commenti: 3
  • #3

    sinphonikart (giovedì, 07 febbraio 2013 22:52)

    up the iron!!!

  • #2

    dreamer15 (martedì, 05 febbraio 2013 21:39)

    Anche questo disco, come il suo successore, è caratterizzato da una metà di canzoni ottime e una metà di discreti/buoni filler!
    Su tutte la grandissima Bring Your Daughter...

  • #1

    rexor (martedì, 05 febbraio 2013 20:57)

    per me,uno dei migliori album degli iron,un altro punto di riferimento nell'ambito heavy metal classic.lavoro molto coinvolgente,e poi perche e'degli iron maiden,una vera garanzia,senza tempo.voto 8,5,inossidabili. by rexor

Cari amici lettori e visitatori di Horrorscape, stasera voglio allontanarmi un attimino dal metal per recensire una vera e propria pietra miliare degli ultimi tempi.

Questo album, The division bell per l'appunto, merita poche parole. Poche perchè la prima cosa che verrebbe da dire, a mio avviso, è: compratelo immediatamente e ascoltatelo da soli, distesi su un divano, in assoluto silenzio e tutto d'un tiro senza un secondo di interruzione.

Era il lontano 1994, per la precisione questo è stato il quattordicesimo e ultimo album di questa mitica band chiamata Pink floyd. E come non chiudere in assoluta bellezza questa lunghissima carriera di successi sfornando, per l'appunto, un ultimo intenso ed elaborato capolavoro dello psichedelic?

Questo magnifico album è stato pubblicato dopo ben sette anni dal precedente.

L'album incontrò senza difficoltà un buon successo raggiungendo la prima posizione in classifica negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Cile, Norvegia, Australia, Svizzera, Austria, Francia, Olanda e Svezia ed ha ricevuto tre Dischi di platino negli Stati Uniti, e nel Regno Unito, 2 in Francia, 4 in Canada, uno in Germania, Brasile ed Austria ed ilDisco d'oro in Polonia. Sfruttando l'onda del grande successo, i Pink Floyd danno luogo, l'anno successivo, alla ristampa digitale di tutti gli album della discografia ufficiale, facendo avvicinare le nuove generazioni al mito "floydiano". Da segnalare che High Hopes è entrata di diritto nel novero dei brani universalmente conosciuti dei Pink Floyd.

The Division Bell ha avuto decisamente maggiore successo rispetto ai due precedenti album pubblicati in passato (The Final Cut e A Momentary Lapse of Reason) ed è riconosciuto come uno dei migliori album del gruppo inglese.

Sarebbe inutile descrivere ogni singola traccia perchè ogni canzone di questo concept è unica e davvero ben fatta. Ti riempie di emozioni e ti colma il cuore con alternati attimi di nostalgia alcune volte, altre volte ti trasmette gioia e serenità. Il cantato di Gilmour è davvero curato e piacevole, così come sono piacevolissime tutte le sonorità perchè hanno davvero tanta delicatezza le chitarre e molto soavi sono le tastiere.

Ragazzi di fronte a questi capolavori che, come ho scritto in precedenza, non hanno a che fare con il mondo del metal, riconosco che vanno comunque rispolverati e ricordati con il tempo affinchè la classe della buona musica non venga mai dimenticata. Non per niente all'epoca ha venduto ben 12 milioni (e anche più) di copie.

Anche se sono trascorsi quasi vent'anni dall'uscita dell'album bisogna ammettere che canzoni come Marooned, Poles apart, Wearing the inside out, e anche le altre, non possono passare inosservate e inudite. Cos'altro aggiungere, per quanto mi riguarda posso solo dare un bel 10 a questo album e soprattutto consigliarlo davvero col cuore a chi ama farsi una discografia completa e che soddisfa. 

TWOLFF.

 

Commenti: 4
  • #4

    krionicle (lunedì, 04 febbraio 2013 21:44)

    amo i pink, questo division bell a segnato un periodo importante per la storia della musica

  • #3

    rexor (lunedì, 04 febbraio 2013 20:30)

    ritengo giusto che, ogni qualvolta ci si senta con il proprio animo particolarmento predisposto per sonorita'simili,non ci sia altro lavoro da ascoltare,che questo a dir poco magistrale,the division bell.album,culto.lavoro impareggiabile,sotto ogni punto di vista.il capolavoro in questione,riesce a rapirti l'anima e portarti in dimensioni astrali,sconosciute.cosa dire piu,un album vivamente consigliato.non ve ne pentirete.

  • #2

    Dany75 (lunedì, 04 febbraio 2013 10:55)

    capolavoro in assoluto 10000000

  • #1

    Tsnolluamagitna65 (lunedì, 04 febbraio 2013 00:15)

    Non ci sono parole...dico solo questo.Grande Gilmoure e company.Il voto?secondo me non si puo' dare voti a "The Division Bell".Punto|||

Bene , bene...non ho un cazzo da fare, ho pure mal di gola, (anche se... quasi guarito) ,  ascolto questo Blessing in Disguise. nel lontano 1989 per chi c'era.... trovammo una sorpresa che ci sembro presagire il peggio.
Infatti mentre la sezione ritmica rimase inalterata, due figure fondamentali dei Metal Church non erano più presenti: Kurdt Vanderhoff, principale chitarrista, nonostante compariva ancora tra i compositori dei brani, venne sostituito da John Marshall, ed il cantante venne rimpiazzato da un certo Mike Howe.Una simile rivoluzione avrebbe potuto minare alle fondamenta l'integrità del gruppo, ma le cose sono andate diversamente. Forse il cambiamento ha fornito nuove motivazioni oppure ha dato uno scossone alla creatività dei musicisti, sta di fatto che il risultato finale è, a mio avviso, strepitoso, quello che vi sto per descrivere è forse il migliore album tra tutti quelli prodotti dalla band.
Mike Howe è dotato di un talento enorme, di una voce molto diversa da quella acida del predecessore, ed è in grado di modularla ed adeguarla al contesto musicale, rendendola ora aggressiva e potente, ora dolce e melodica.
Forse non tutti i fan del gruppo saranno d'accordo con me, ma qui si parla di gusti personali e per quanto mi riguarda i Metal Church ci hanno guadagnato, e molto, dal cambio del cantante.
Anche il nuovo chitarrista se la cava egregiamente, e ricordo che a livello compositivo e di stesura testi, dietro le quinte era ancora presente "la mente" fenomenale di Vandehoof a tessere le trame.
Il genere musicale contiene qualche tratto riferibile al thrash metal, ma nell'insieme l'album risulta forse meglio classificabile come power metal.
Comunque, classificazioni a parte veniamo alla meticolosa descrizione di questa entusiasmante proposta musicale.
Fake Healer è il brano scelto per darci il benvenuto in questo viaggio musicale.
Si tratta di un brano di media velocità con un pesantissimo riff di chitarra in evidenza, in cui si riesce ad apprezzare benissimo anche il lavoro del basso. Mike howe si presenta agli ascoltatori ringhiando e ululando in maniera eccellente facendo dimenticare in men che non si dica il suo predecessore.
Lo stacco a metà canzone non presenta uno di quegli assoli veloci e mozzafiato, ma una trama musicale moderata e avvincente. E' come se i cinque componenti ci volessero far notare quanto sono musicalmente compatti e potenti.
Questo brano esprime una potenza incredibile, in grado di far crescere a dismisura nell'ascoltatore la voglia di metallo pesante e di predisporlo all'ascolto delle tracce a venire. Funge in sostanza da innesco per questo ordigno metallico in procinto di esplodere.
Ed il testo?
Si parla dei falsi guaritori, che vendono inutili intrugli e false speranze in cambio di lauti compensi economici.
Rest In Pieces (April 15, 1912)
Con il secondo brano veniamo proiettati a bordo del famosissimo Titanic. Il brano è piuttosto lungo, 6.38 minuti, ed il ritmo è vario. mentre con la sua voce Howe esalta le caratteristiche moderne e all'avanguardia di questa nave da crociera, indistruttibile ed inaffondabile, tanto da rendere superflue troppe scialuppe di salvataggio e piani di emergenza, la velocità della musica è tutto sommato contenuta. Analogamente al precedente brano, un riff granitico di chitarra è il tema principale, ma accompagnato da una sezione ritmica più complicata, in particolare da una batteria più varia e meno prevedibile.
"avanti a tutta velocità" canta Howe " ma la collisione con l'iceberg è inevitabile, ed ora il brano cambia ritmo, l'acceleratore viene premuto ed al panico presente tra gli ospiti della nave si associa una maggiore frenesia a livello musicale. Intanto i due chitarristi lasciano completamente libere le loro falangi di viaggiare disinvolte sulle sei corde per donarci assoli di chitarra a dir poco incisivi.
Poi i ritmi tornano più calmi, come la superficie dell' acqua dopo aver inghiottito completamente la nave.
Of Unsound Mind.
Un solo aggettivo per definire il pezzo: potentissimo.
Un brano di stampo metal molto classico che procede a velocità sostenuta, ma mai scontato, con una notevole prestazione da parte di tutti i componenti.
Giungiamo ora al capolavoro del disco, Anthem to The Estranged.
Il brano inizia con un arpeggio di chitarra che ci rapisce e ci proietta seduta stante in un mondo fantastico, da sogno. Quando si aggiunge la voce di Howe poi, non possiamo far altro che provare una pura emozione e sentire brividi lungo correre lungo la nostra colonna vertebrale. E chi ancora pensa che tutti cantanti metal siano di scarso livello dovrebbero ascoltare questo brano e ricredersi all'istante.
Ovviamente l'intento dei metal church, con questo preludio da incanto, è quello di estasiarci s^, ma senza esagerare. Quindi dopo un paio di minuti i nostri beniamini inseriscono con discrezione un po' di pesantezza sotto forma di riff di chitarra elettrica, basso e batteria. Il pezzo poi decolla e diventa inarrestabile ma il ritmo verrà di tanto in tanto spezzato dalla riproposizione dell'arpeggio. In una canzone del genere non può ovviamente mancare un bellissimo solo di chitarra.
La sensazione generale che si prova ascoltando questo brano è che sia più breve degli effettivi nove minuti e mezzo di durata, e si avverte il desiderio che il brano si possa protrarre ancora un pochino. Per fortuna, telecomando alla mano, è possibile riascoltarla all'infinito.
Il testo parla dei mendicanti, dei senzatetto, che tutti noi guardano con disprezzo dimenticando spesso che si tratta di esseri umani, con i quali la vita non è stata clemente.
Con il pezzo successivo, Badlands, rimaniamo su livelli artistici elevatissimi.
L'introduzione è affidata ad un brevissimo arpeggio di chitarra, come a ricordarci il capolavoro che è appena terminato. Arpeggio che sarà la base su cui verranno cantate brevi strofe con una voce più moderata, mentre nella maggior parte del tempo il brano acquista velocità e consistenza, con l'ingresso di chitarra elettrica, basso, batteria e l'utilizzo di una voce più potente. Da segnalare gli ottimi soli di chitarra, alcuni cambi di tempo ed una sezione affidata al solo basso.
In conclusione un pezzo riuscitissimo, una perfetta fusione di melodia e potenza.
Bello anche il testo, in cui l'io narrante parla della propria vita, come ad un viaggio in pieno deserto, su un sentiero dimenticato da Dio. Si evince un passato burrascoso, di cui non viene raccontato nulla, ma dal quale egli vuole affrancarsi totalmente.
"faccio una promessa a me stesso: mai più". E mentre gli avvoltoi girano in circolo aspettando la sua morte, egli prosegue con uno spirito di ferro.
The Spell Can't Be Broken
Al primo impatto ha tutta l'aria di essere un brano metal piuttosto classico, con ritmiche pesanti e spigolose, ma anche in questo caso non manca un momento centrale, seppur breve, più riflessivo ed un cambio di ritmo che spezza leggermente il ritmo, poi si ricomincia a viaggiare a pieno regime fino ad un assolo di chitarra che a me piace in modo particolare.
It's A Secret è un brano musicale dal ritmo preciso e serratissimo, pesante come un macigno, una sfuriata metal capace di lasciare senza fiato.
Per quanto mi riguarda il disco potrebbe anche concludersi qui, tante sono le emozioni provate, ma sono presenti ancora due brani Cannot tell a lie e The Power That Be che non aggiungono molto in termini di qualità, ma aggiungono moltissimo in termini di pesantezza. Sono cioè brani di classico stampo metal con tutti i crismi, piuttosto veloci, in cui poter apprezzare anche alcune finezze riguardo ai tempi tenuti dalla betteria.
Una conclusione piuttosto energica e forse un po' meno melodica, per un disco veramente degno di nota.
La produzione è buona, i suoni risultano un po' cupi, ma tutti gli strumenti sono percepibili ed apprezzabili, in grado di rappresentare alla perfezione il metallo degli indimenticabili anni ottanta.

Voto 9 Dany75

Commenti: 3
  • #3

    libraryant (domenica, 03 febbraio 2013 22:48)

    Bel disco, me lo presto un mio amico al liceo quando uscì. Purtroppo non si fa più metal così...

  • #2

    mauri62 (domenica, 03 febbraio 2013 22:44)

    Ottimo.Io personalmente ho un debole particolare per Rest in peace, il secondo pezzo,ma credo di essere l'unico...........

  • #1

    TWolff (sabato, 02 febbraio 2013 07:13)

    Grande album, uno di quelli che, a distanza di 24 anni, si ascolta sempre molto volentieri. A mio avviso il migliore della loro discografia. Concordo con il voto del socio.

Il coraggio è una qualità che in una band può fare seriamente la differenza, può far compiere passi in avanti che resterebbero incompleti se ci si fa dominare dalla paura, può portare avanti un processo che altrimenti resterebbe lasciato a metà, nel caso in esame la trasformazione di un gruppo in una realtà più completa e differente. Ecco, quando si parla di Dark Tranquillityquesta caratteristica mi viene spesso in mente, perché già nel 1999, con lo splendido “Projector”, gli svedesi avevano dimostrato un’innata propensione alla sperimentazione e l’anno successivo, con “Haven”, questa tendenza viene spinta oltre.

Già l’artwork dell’album, che nulla ha a che vedere con le immagini “poetiche” dei primi full length e mini-CD,  ma che si scosta anche dalla malinconia celata dalla cover del precedente “Projector”, fa presagire un nuovo, imminente cambiamento nel sound degli svedesi. Questo si manifesta da subito con l’opener “The Wonders at Your Feet”, nella quale si nota immediatamente il ruolo di primo piano delle tastiere, protagoniste di uno degli assi portanti del disco, e che a partire proprio da questo album saranno una componente fondamentale di gran parte delle canzoni dei Dark Tranquillity.Tuttavia se già a partire dal lavoro successivo, “Damage Done”, abbinato ad esse troveremo un riffing più aggressivo e consono alla definizione “melodic death metal”, in “Haven” buona parte delle melodie portanti sono sviluppate dalle keys di Martin Brandstrom e laddove sono le chitarre di Henriksson e Sundin a svolgere un ruolo di primo piano, l’impeto non è paragonabile ai lavori precedenti (escluso forse “Projector”) e successivi degli svedesi, seppur ci si stia sempre riferendo ad un ambito musicale piuttosto “estremo”. Ma non leggete questo come una critica, sto parlando del grande pregio di questo album ossia la dimostrazione che per sfornare un grandissimo disco i Dark Tranquillity non avevano la necessità assoluta di schiacciare al massimo l’acceleratore, rivelando così ancora una volta la propria versatilità artistica.
    
Se dovessi scegliere tre aggettivi per descrivere questo album direi: vario, profondo e, ovviamente, coraggioso. Vario per diversi motivi: innanzitutto perché spazia da momenti riflessivi e malinconici (“Ego Drama” e la splendida “Emptier Still”), ad altri melodici ed aggressivi (ad esempio la cavalcata “Rundown”, e la sopracitata opener), a questo si aggiunge la multiformità del cantato di Stanne, che si muove agilmente tra growling, voci pulite e filtrate ed infine, come detto, le tastiere e le chitarre si alternano nel tracciare le melodie portanti di ogni traccia; tutti questi aspetti dunque garantiscono una certa pluralità alla struttura delle canzoni del platter, favorendo non poco la sua “presa” sull’ascoltatore. Profondo perché è in grado di stuzzicare le emozioni più nascoste e ne stimola di nuove ascolto dopo ascolto e questa, per un disco dal songwriting fondamentalmente “diretto”, è una grandissima qualità: “Haven” colpisce da subito con il suo suono catchy e le sue melodie, ma ogni volta che passa per il lettore mostra nuove sfaccettature e particolari, ad ogni ascolto un nuovo passaggio si fissa in testa al posto di un altro, al punto che si ha l’imbarazzo della scelta nel scegliere il migliore. Coraggioso, infine perché, non mi stancherò mai di dirlo, pochi gruppi “di punta” hanno o avrebbero avuto le capacità ed il coraggio di mettersi completamente in gioco e compiere un salto “evolutivo” come quello compiuto dai nostri nell’arco di soli tre anni, salto che già era di notevoli proporzioni con “Projector” e che acquista ancora più valore ed audacia con “Haven”. 

Troppo spesso bollato come disco di transizione all’interno della discografia dei Dark Tranquillity, “Haven” quindi si dimostra in realtà l’ennesimo capolavoro, l’estremizzazione dell’evoluzione dei nostri, il disco più lontano dai canoni del “Gothemburg Metal” e a volte per questo non troppo apprezzato da alcuni puristi. Se siete tra questi lasciatemelo dire ragazzi, non sapete che vi perdete. 

(Recensione di Lorenzo Brignoli presa dal sito "SpazioRock")

Voto 8. TWolff.

Commenti: 2
  • #2

    franzbak (lunedì, 04 febbraio 2013 22:49)

    ottimo lavoro, grandi dark

  • #1

    Iagelofxx (lunedì, 04 febbraio 2013 00:12)

    Grandissimo lavoro,il migliore a mio avviso.il mio parere e' un 9,5 Haven un nome una garanzia.